La nota di colore consiste nel fatto che dovevo andare a vedere il concerto da sola, ma lunedì è ospite da me la mia amica V., la quale però non ha preso il biglietto e quando si decide a comprarlo sembrerebbe che il concerto è soldout. Alla fine viene comunque con me al Monk a bere una birra prima del concerto e in modo più o meno rocambolesco riesce ad entrare, godendosi anche lei questa magnifica ora e mezza di musica.
An early bird, aka Stefano De Stefano |
Il concerto di Fink (al secondo Fin Greenall) inizia puntualmente intorno alle 22. Sul palco c'è già tutta la strumentazione, in particolare tre chitarre - che Fink alternerà nel corso della serata, riservando qualche parola in più alla più vecchia (di cui ci dice che ha un suono vintage, che probabilmente questo sarà il suo ultimo tour, e che magari la rivende su ebay :-D ) - un paio di chitarre elettriche, un basso e due violini che saranno suonati da Tomer Moked che lo accompagna in questo tour.
L'atmosfera si scalda fin dall'esecuzione della prima canzone (che se non ricordo male è stata Sort of Revolution), che ci restituisce un cantante e musicista in grandissima forma e che ne ha fatta di strada dai tempi del suo esordio come DJ. La cosa che colpisce di più è come in questa formazione tutto sommato minimale e suonando un paio di strumenti alla volta il suono che ne esce è denso, ricco, avvolgente come se sul palco ci fosse molto di più e molto altro.
Fink è britannico (viene da Brighton), ma le sue sonorità si muovono spesso nei territori del folk e del blues (nella recensione a uno dei precedenti concerti dicevo che mi sembrava che alcune sue canzoni venissero dai campi di cotone dell'America profonda). La mia amica V. - che sicuramente ne capisce di musica molto più di me, che invece vado solo a sensazione di pelle - sottolinea il groove della musica di Fink, che io non so neanche bene cosa sia ma l'idea stessa mi piace molto.
Quello che sicuramente so è che le canzoni di Fink possono avere durate variabili a seconda dell'esecuzione, e che si sviluppano per ripetizioni e improvvisazioni, producendo un effetto che già in altra circostanza ho definito ipnotico (e forse questo un po' rimanda al passato da dj del musicista).
Comunque, in questa ora e mezza di grande musica, Fink ci delizia con tanti dei suoi pezzi più famosi, da Looking too closely a Walkin' in the sun, da This is the thing a Warm shadow. Il pubblico è rapito dalla sua musica, e lo stesso Fink ringrazia dell'attenzione e della concentrazione che gli è stata riservata, complimentandosi anche con la qualità del suono.
Il Monk si conferma una delle piazze musicali romane più interessanti nella forma e nei contenuti, e sono ben contenta che riesca ancora ad attirare in questa città - per molti versi ormai fuori da alcuni circuiti di musica dal vivo (che si fermano solo a Milano) - musicisti e cantanti come appunto Fink.
Nessun commento:
Posta un commento
Lascia qui un tuo commento... Se non hai un account Google o non sei iscritto al blog, lascialo come Anonimo (e se vuoi metti il tuo nome)!