Quest'anno ne ho in programma almeno un paio (seguirà Joan as Police Woman!), il primo dei quali è quello di Fink cui trascino anche D. che non lo ha mai nemmeno sentito nominare. Del resto pure io l'ho conosciuto assolutamente per caso, quando in mezzo alla musica passatami da C. c'erano anche un paio di suoi album.
C'è ancora tempo per un dolce indiano e un lassi al self service, e poi prendiamo posto sotto il palco giusto in tempo per vedere salire Fink e la sua piccola band, formata da un batterista tutto fare (canta e suona anche la chitarra elettrica), che scopro ora chiamarsi Tim Thornton, e un bassista, Guy Whittaker.
Fink è un tipo schivo, che fa una musica difficile, porta quasi sempre un berretto e stasera c'ha una catena (vera) come collana.
Suona la chitarra e ne alterna due diverse in tutto il concerto. La sua è una musica basata a tratti sulla ripetizione e per questo un po' ipnotica, una musica che alterna squarci di melodicità e di tenerezza a sonorità quasi distoniche e spiazzanti.
Ieri sera mentre lo ascoltavo e facevo le foto pensavo che alcune caratteristiche della sua musica e della sua voce mi fanno un po' pensare ai canti degli schiavi nelle piantagioni, conditi con un po' di elettronica. Non a caso l'ascolto di Fink mi ha ricordato un altro bel concerto di qualche anno fa, quello di Piers Faccini all'auditorium (per un confronto si ascolti questo pezzo: http://www.youtube.com/watch?v=iB1cd-lZA2M).
Non è tardissimo (anche se domani tocca andare a lavorare!) e dunque c'è tempo per una rivincita al biliardino, che però - nonostante il maggior equilibrio in campo - non arriverà! ;-)
Per chi avesse curiosità di capire com'è fatta la musica di Fink ecco due delle mie canzoni preferite:
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