martedì 1 settembre 2015

Atti osceni in luogo privato / Marco Missiroli

Atti osceni in luogo privato / Marco Missiroli. Milano: Giangiacomo Feltrinelli editore, 2015.

Deve essere un periodo in cui mi commuovo facilmente oppure sto leggendo storie belle che riescono a superare il filtro autoconservativo che a volte metto tra me e le emozioni.

Comunque, la sostanza è che il libro di Missiroli mi è piaciuto e mi ha anche in qualche modo commosso.

La copertina e il titolo (direi entrambi azzeccatissimi) mi avevano incuriosito già da tempo, ed è solo leggendo il libro che trovano un significato pieno e non morboso, come potrebbe apparire a prima vista.

Atti osceni in luogo privato è un classico romanzo di formazione, diciamo così alla Giovane Holden. Protagonista è Libero, un italo-francese, che ci racconta in prima persona la sua storia da quando aveva 12 anni e scoprì per la prima volta il sesso attraverso l'autoerotismo e il tradimento della madre con il migliore amico del padre, fino all'età adulta.

Le tappe della vita di Libero, o le Grand Libero come lo chiama l'amica Marie, sono scandite innanzitutto dai luoghi (Parigi e Milano in particolare, raccontate con una straordinaria capacità di rappresentarle come riflesso dell'animo del protagonista), in secondo luogo dalle esperienze sentimentali e sessuali (in particolare, le storie chiave nel suo percorso verso l'età adulta, Lunette e Anna), in terzo luogo dalle amicizie (Marie, la bibliotecaria del IV arrondissement, un punto di riferimento stabile nonché un'ispirazione costante per Libero, ma anche gli amici dei Deux Magots e quelli dell'Osteria di Giorgio sui Navigli, gli amici di infanzia, Lorenzo e Mario, e gli amici parigini, in particolare Antoine), infine dai libri, quelli che Marie gli consiglia di leggere, quelli che gli ricordano suo padre, quelli che scopre nel corso della vita.

"Credevo nelle piccole svolte, nei miracoli sulla 34esima strada, nei gol dei portieri e negli eventi timidi che cambiano la sorte." (p. 121).

E in questa cavalcata nel tempo, scandita dalle letture (mi è anche venuta voglia di leggere alcuni dei libri che fanno da puntello ad alcuni momenti della crescita del nostro protagonista) e da una ricerca sessuale che diventa anche ricerca del sé, Libero passa da quella fame tipicamente giovanile che ti fa mordere la vita a quella difficile arte del contenimento che la maturità porta con sé, ma il cui segreto consiste nel non perdere vitalità e possibilità di liberazione dei propri desideri e del proprio potenziale interiore.

"- Ma tu aggiri sempre il dolore così, Libero?
Per aggirarlo usavo il sesso, il cinema, il cibo. A volte la letteratura. E lei come l'aggirava? Con il sesso, con il nuoto, e con l'insegnamento." (p. 217)

"Capii negli anni che la sua [n.d.r. quella di Anna] inquietudine scaturiva da una netta separazione dell'imbarazzo: tanto ne mancava nell'eros quanto era accentuato in altri territori." (p. 219)

Devo ammettere che sono rimasta un po' delusa dalla parabola di questa vita. Non che gli ultimi due capitoli dedicati rispettivamente alla “adultità” e alla “nascita” siano meno credibili o meno emozionanti del resto, ma rispetto al panorama di complessità sentimentale, che è anche complessità dei desideri del corpo e del proprio mondo interiore, che caratterizza i capitoli precedenti, mi è sembrato che la composizione finale in un quadretto quasi senza sbavature risulti un po' consolatorio e banalizzi ovvero semplifichi una ricerca che secondo me inevitabilmente continua per tutta l'esistenza. Arrivata all'ultima pagina a me è venuto spontaneo chiedermi cosa accadrà al nostro Libero e mi sono augurata che la frase a lui scritta dalla bibliotecaria Marie continui a essere vera nella sua vita, anche dopo il matrimonio e i figli: "L'osceno è il tumulto privato che ognuno ha, e che i liberi vivono. Si chiama esistere, e a volte diventa sentimento" (p. 157).

Voto: 4/5

P.S. E ho anche scoperto un nuovo e bellissimo modo di collocare i libri sugli scaffali delle proprie private librerie: “...ogni libro andava vicino a quello che me l'aveva ispirato”.

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