venerdì 28 aprile 2023

Stranizza d'amuri

Giuseppe Fiorello fa il suo esordio dietro la macchina da presa con un film ispirato a una vicenda che personalmente non conoscevo, ma che poi documentandomi ho scoperto essere uno dei capisaldi della storia del movimento LGBT in Sicilia, e più in generale in Italia, ossia il delitto di Giarre, il duplice omicidio che nel 1980 stroncò la vita di due ragazzi siciliani che si amavano in una società profondamente omofoba, patriarcale e maschilista.

Fiorello sceglie di spostare la vicenda due anni più avanti, facendola coincidere con l’estate della vittoria dell’Italia ai mondiali spagnoli del 1982, e di cambiare un po' di elementi (alcuni non secondari). I protagonisti del film sono due adolescenti: Gianni (Samuele Segreto), un ragazzo appena uscito dal riformatorio e ben noto in paese per la sua omosessualità, per la quale viene bullizzato dai ragazzi del paese, e Nino (Gabriele Pizzurro), proveniente da una famiglia che si occupa di fuochi di artificio.

La famiglia di Nino è a suo modo una famiglia allargata (oltre al padre e alla madre, nella masseria di campagna dove vivono ci sono anche la giovane figlia incinta, il figlio settenne di quest’ultima, e un non meglio identificato giovane che vive in una roulotte parcheggiata non lontano). Si tratta di una famiglia che, nonostante e forse proprio per la sua originalità, è molto unita e Nino è un ragazzo amato e sereno.

Gianni vive insieme alla madre nella casa del compagno di lei e lavora nell’officina di quest’ultimo, ma è mal sopportato dal patrigno, che sua madre non può inimicarsi senza correre il rischio di trovarsi in mezzo a una strada senza arte né parte.

I due giovani si incontrano a causa di un piccolo incidente in motorino, e da questo episodio nasce tra loro una bella amicizia e presto anche qualcosa di più, nella diffidenza e ostilità crescente del mondo intorno, che ben presto travolge anche le rispettive famiglie, costringendo i due giovani a fare i conti con la violenza della società circostante.

Bene ha fatto Giuseppe Fiorello a portare sullo schermo questa storia che fa riflettere sul fatto che poco più di 40 anni fa si poteva essere ammazzati per il fatto di amare una persona del proprio stesso sesso, perché i diritti e le libertà individuali non devono mai essere dati per scontati e necessitano di una vigilanza attiva sempre.

Fiorello ci trasmette questo messaggio semplice e potente con delicatezza e senza melodrammi forzati ed eccessivi, facendo leva sulla freschezza emotiva dei due giovani protagonisti, che – ognuno a suo modo – sanno cogliere e comunicare le fragilità e la forza di un’età della vita e al contempo la paura e la sfrontatezza di un sentimento scomodo.

Da un punto di vista cinematografico il film è semplice ma ben costruito: forse è un po’ troppo leccato (tutto è in un certo senso troppo bello e pulito), ma rende abbastanza bene l’idea di un ambiente e di un’epoca, oggi in pieno recupero sul grande schermo.

A me che ho vissuto infanzia e adolescenza negli anni Ottanta devo dire che tutto questo parlare di quegli anni con un piglio quasi di storicizzazione fa un po’ impressione e dà la percezione, invero un po’ sgradevole, del tanto tempo che è passato.

Voto: 3,5/5


4 commenti:

  1. film bellissimo, l'ho visto al cinema con mia cugina :)

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  2. Onestamente non gli avrei dato mezzo euro (infatti non l'ho visto) però ne stanno parlando tutti bene. Prima o poi dovrò recuperarlo...

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