mercoledì 27 ottobre 2021

Il buco

Io e F. arriviamo al cinema Greenwich dopo aver festeggiato, insieme a delle amiche, il suo compleanno e troviamo davanti al cinema Nanni Moretti, Silvio Orlando e un ragazzo (il figlio di Moretti?) che chiacchierano amabilmente... 

Dopo esserci scambiate un'occhiata di intesa, io e F. entriamo nella nostra saletta dove ci aspetta questo film di Michelangelo Frammartino di cui tutti parlano bene, ma da cui non sappiamo cosa aspettarci.

Intanto Silvio Orlando saluta gli altri due, che si incamminano proprio verso la nostra saletta, e si siedono esattamente dietro di noi.

Inizia così questo viaggio in cui Frammartino ci conduce alla scoperta dell'Abisso del Bifurto, una grotta collocata nel Parco del Pollino che si inoltra per 683 m nelle viscere della terra e che fu un gruppo di giovani speleologi proveniente dal Nord a esplorare nel 1961. È appunto quell'impresa che il regista intende ricostruire e omaggiare, chiedendo a un altro gruppo di giovani speleologi di ripetere quel percorso, mentre fuori dal "buco" la vita dei pastori e delle mucche continua secondo i suoi ritmi e le sue tradizioni ancestrali. Anche nel vicino paese di San Lorenzo Bellizzi si respira un'aria antica e si conduce uno stile di vita sostanzialmente rurale, anche se gli abitanti del posto si incontrano la sera nella piazzetta per guardare la televisione, dove assistono all'inaugurazione del grattacielo Pirelli, segno di un'Italia in pieno boom economico.

Il film di Frammartino, tutto orientato verso l'enfatizzazione dell'immagine e del suono (per esempio i rumori della natura, ovvero i versi dei pastori, o ancora i respiri affannati degli speleologi), è invece avaro di parole, tanto che non assistiamo praticamente ad alcun dialogo vero e proprio.

Tutto si gioca sulla contrapposizione tra questa modernità che avanza - e che presto travolgerà tutto - e l'arcaicità del contesto nel quale si realizza un'impresa per certi versi altrettanto arcaica, sebbene epica, in quanto basata sul desiderio dell'uomo di immergersi nella natura e conoscerla sempre più in profondità, nella consapevolezza che la sua riuscita dipende primariamente dall'umiltà con cui l'uomo le si accosta.

Un film diverso da qualunque altro io abbia visto nella mia vita, in cui l'assenza di dialoghi lascia quasi interamente allo spettatore, attraverso una maggiore attenzione alla propria percezione sensoriale, l'onere e il piacere di trovare un senso e delle risposte.

Voto: 3,5/5 



2 commenti:

  1. Un film artisticamente valido, ma anche un un esercizio di stile fine a se stesso. Il classico "oggetto da festival" che non ha vita propria al di fuori dei festival (è uscito solo perchè premiato a Venezia). Notevole dal punto di vista tecnico ma, devo dire, mi ha trasmesso davvero poco. Stefano Disegni lo ha definito "un attentato alla fertilità maschile" (è satira, ovviamente) e devo dire che anche a me l'oretta e mezzo che dura mi sono sembrate quattro...

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    1. Ciao Kris, sicuramente è un film da festival e per il grande pubblico risulta davvero respingente. Per me è stata un'esperienza strana, che a suo modo ho apprezzato ma è chiaro che se tutti facessero film così ci spareremmo :-D

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