Cry me a river / Alice Socal. Roma: Coconino Press, 2017.
Il graphic novel di Alice Socal racconta la storia di una crisi: quella del rapporto sentimentale tra due giovani che vivono insieme in un paese straniero. In particolare, l'autrice traduce in segno grafico (e secondariamente in parole) quel momento emotivamente difficile in cui ci si accorge di non essere più sulla stessa lunghezza d'onda e ci si sente sempre più lontani. In questo caso, la fatica emotiva è accentuata e in qualche modo esplicitata da un lato dal fatto che i due giovani vivono in un paese straniero, con tutte le difficoltà che una lingua e un alfabeto diverso comportano rispetto alla propria socialità e al proprio benessere, dall'altro dalla preoccupazione crescente per il cane Vuk che si rifiuta di mangiare dopo che è morto il suo compagno.
Alice Socal è una di quelle fumettiste che usano la loro arte non tanto per raccontare degli eventi, una narrazione esterna, bensì soprattutto dei sentimenti, delle emozioni, un mondo interiore e che attraverso il segno grafico compiono quel processo di metabolizzazione che molte altre persone realizzano in altre maniere, per esempio con le parole.
Qui il leitmotiv sono le lacrime della inconsolabile protagonista, lacrime che diventano fiumi e travolgono tutto quello che incontrano. Sembra che sia necessario piangere tutte le proprie lacrime prima di poter dare una svolta in un senso o nell'altro alla propria vita.
Il fatto è che io faccio un po' fatica a entrare in sintonia con una modalità narrativa di tipo ombelicale, che oscilla tra l'introspettivo e l'onirico, soprattutto quando riversa sulla pagina la confusione interiore anche attraverso un segno grafico che a sua volta si muove tra l'ipersemplificato e il sovraffollato.
È evidente che per una persona come me che cerca di gestire le emozioni confuse mettendo ordine e cercando la chiave di lettura, una modalità narrativa che necessità dell'elemento surreale e irrazionale risulta destabilizzante ed emotivamente poco consonante.
Ne esco non solo e non tanto depressa, quanto frustrata da uno sforzo di comprensione che per me resta piuttosto vano.
Del resto, si sa, la letteratura e l'arte in ogni loro forma sono così: ognuno le valuta o su un piano strettamente razionale (e in questo caso non ho sufficienti elementi per farlo) o sul grado di risonanza emotiva che producono per sé. Cry me a river con me purtroppo non ha risuonato né graficamente né contenutisticamente.
Voto: 2,5/5
lunedì 3 agosto 2020
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