So che è blasfemo da parte mia esprimere un parere meno che positivo sull'ultimo lavoro che l'ormai novantatreenne Peter Brook, un mostro sacro del teatro, ha scritto e diretto insieme alla sua assistente Marie-Hélène Estienne.
The prisoner è in programmazione al Teatro Vittoria nell'ambito del Romaeuropa Festival, ed è recitato in inglese con sovratitoli in italiano. Sul palco nient'altro che rami, tronchi, foglie e qualche pezzo di stoffa, a rappresentare un luogo da qualche parte nel deserto (di un paese mediorientale?) dove Mavuso sta scontando la sua pena.
Scopriamo che Mavuso ha ucciso suo padre perché ha scoperto che quest'ultimo aveva un rapporto incestuoso con la figlia Nadia, sua sorella, che anche Mavuso ama. Lo zio Ezekiel ha così condannato il giovane a scontare la sua pena su una collina nel deserto, posta di fronte a una grande prigione.
Qui Mavuso dovrà fare i conti con la solitudine e il senso di colpa, ma incontrerà anche varie persone, non solo i familiari, ma anche le guardie carcerarie della prigione, un abitante del vicino villaggio che ha trovato lavoro presso il carcere come tagliateste, nonché altri surreali personaggi, tra cui persino un topo selvatico.
A un certo punto la prigione viene distrutta e anche la permanenza di Mavuso sulla collina perde di significato, fors'anche perché nel frattempo si è compiuto il processo di redenzione.
Come dice Peter Brook nell'intervista contenuta nel depliant sullo spettacolo, non è compito del teatro quello di dare lezioni, ma semmai di suscitare domande, che comunque restano soggettive e individuali.
Lo spettacolo The prisoner di domande ne suscita parecchie, e non è detto che siano per tutti significative. A me non ha dato grandi stimoli, forse perché la mia mente molto razionale fatica a fare proprio un approccio in qualche modo poetico e destrutturato come è quello di Brook in questo lavoro. Il mio bisogno e la mia ricerca di un senso non necessariamente palese, ma comunque intellegibile, sono rimasti almeno parzialmente insoddisfatti e sono uscita dal teatro in uno stato d'animo tra il confuso e l'interdetto.
Ma probabilmente il problema è tutto mio.
Voto: 2,5/5
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento
Lascia qui un tuo commento... Se non hai un account Google o non sei iscritto al blog, lascialo come Anonimo (e se vuoi metti il tuo nome)!