martedì 13 marzo 2018

Lady Bird

Come dice la mia amica F. all'uscita dal cinema, in questo primo film di Greta Gerwig non c'è niente che sia veramente nuovo: il coming of age di un'adolescente di periferia, il rapporto conflittuale madre-figlia, il fare i conti con le proprie radici, il coraggio di essere se stessi, la difficile costruzione dei rapporti con gli altri.

Siamo nei primi anni Duemila, non molto lontani dall’11 settembre 2001.

Christine (Saoirse Ronan), che si fa chiamare da tutti Lady Bird, è all’ultimo anno di scuola prima del college e sta per compiere 18 anni. Vive a Sacramento, “il Midwest della California”, e frequenta una scuola cattolica perché sua madre vuole preservarla dai pericoli della scuola pubblica. Quella di Lady Bird è una famiglia modesta, in cui la madre lavora su turni in un ospedale psichiatrico, il padre è dolce e buono, ma tende alla depressione, il fratello Miguel è alla ricerca di un lavoro vero, insieme alla sua fidanzata che si è trasferita da loro perché rifiutata dalla famiglia.

Lady Bird – come qualunque diciassettenne che si rispetti – è insofferente rispetto al piccolo mondo cui appartiene, vuole fare nuove esperienze, conoscere persone nuove; ma il massimo che riesce a fare è partecipare al musical messo in scena dalla sua scuola insieme alla sua amica Julie, che ha un rapporto non facile con la famiglia e con il cibo.

Lady Bird si innamorerà prima di Danny (Lucas Hedges), poi di Kyle (Timothée Chalamet), si allontanerà da Julie, proverà a frequentare le sue compagne di scuola più ricche e fascinose, si farà aiutare dal padre a fare domanda per un college sulla East Coast, che per lei rappresenta il mondo vero, quello a cui aspira.

In questo anno così determinante per la sua vita capirà molte cose: che la realtà non è sempre come sembra, che i soldi non sono necessariamente sinonimo di apertura mentale, che "pomiciare" può essere talvolta più bello che fare l’amore, che solo con le amiche vere si possono fare pazzie e "scemitudini", che l’amore - grande - di una madre si nasconde spesso dietro una facciata di durezza, che è necessario allontanarsi dal proprio mondo per recuperare le nostre radici e capire chi siamo e cosa vogliamo.

Tutto ciò detto, sembra proprio che la mia amica F. abbia ragione e probabilmente ce l’ha.

Io però ho trovato qualcosa di emozionante in modo speciale in questo film. Nel personaggio di Lady Bird ci sono una schiettezza, una naturalezza e una possibilità di riconoscersi che sono rari. Greta Gerwig riesce a mantenere mirabilmente in equilibrio leggerezza e profondità, e riesce a trasmetterci qualcosa che chiaramente viene da un’esperienza vissuta emotivamente sulla propria pelle.

E se è vero che nel complesso non ci sono guizzi di originalità (ma cosa si può ancora dire di originale sull’età del passaggio dall’adolescenza all’età adulta?), tutto quello che ci racconta è intriso di una sincerità e di una riconoscibilità, cui certamente contribuisce la notevole interpretazione di Saoirse Ronan, adolescente testarda, a tratti insopportabile, immatura ed egoista (come forse tutti noi siamo stati in quel momento della vita, e non solo), ma anche ricca di quella speranza che stride pesantemente con la rassegnazione, il cinismo e la fatica del mondo adulto.

Il rapporto con la madre – pur essendo un classico di queste storie – tocca vette di realismo emotivo che raramente si vedono sullo schermo, fin dalla prima scena: il pianto di madre e figlia insieme in macchina al termine dell’audiolibro Furore di Steinbeck e il repentino passaggio a un litigio nato dal nulla e che termina in un crescendo di incomunicabilità racchiudono il senso di un rapporto che vive di estremi, perché si nutre di un amore grande ma fa i conti con la necessità della presa di distanza.

Io mi sono commossa ed emozionata. Ma questo ovviamente è molto soggettivo e credo anche contingente.

Voto: 3,5/5

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