La stagione teatrale si conclude con questo spettacolo di e con Davide Enia, visto al Teatro India nel giorno del mio compleanno. Lo spettacolo, presentato in anteprima al Festival dei due mondi di Spoleto, è anche un libro, pubblicato da Sellerio con il sottotitolo Istruzioni per sopravvivere a Palermo.
Su un palco sostanzialmente spoglio, Enia è accompagnato da Giulio Barocchieri che lo esegue le musiche da lui stesso composte.
Fin dalle primissime battute, con un canto in dialetto siciliano, Enia ci trasporta nelle strade della Palermo degli anni Ottanta e Novanta, quella attraversata dalla guerra di mafia, quella insanguinata dai morti ammazzati, la stessa nella quale Enia e i suoi coetanei sono cresciuti.
La storia di questa Sicilia è dunque anche storia personale che si apre con il primo incontro a nove anni con la scena di un omicidio mafioso e con un morto ammazzato, e prosegue attraverso ricordi personali e familiari che si intrecciano con la storia collettiva, quella che passa per il lunghissimo sequestro del piccolo Giuseppe di Matteo fino alla sua uccisione dopo 778 giorni e per gli attentati a Giovanni Falcone e a Paolo Borsellino.
Tutto questo racconto è proposto da Enia mediante un lungo monologo inframmezzato da canti e musiche, nonché dall’uso del dialetto, e non ultimo un uso del corpo sapiente che si fa parte attiva della narrazione.
Ne viene fuori un lavoro che emoziona facendo risalire a galla della coscienza la memoria collettiva – facilmente messa a tacere dalla quotidianità – nonché una serie di domande scomode, forse destinate a rimanere senza risposta.
Autoritratto – come del resto suggerisce anche il titolo scelto dall’autore – è anche una riflessione sul rapporto tra chi siamo e i luoghi dai quali proveniamo, che in un modo o nell’altro sono parte della nostra persona, ed è questo un tema che da persona del sud che ha scelto di costruire la propria vita altrove sento molto forte.
Risale ormai a sei anni fa l’ultimo spettacolo di Enia che avevo visto a teatro, L’abisso, e pur mantenendo la memoria dell’emozione di allora, non ricordavo i dettagli di quello spettacolo. Ora, rileggendo quanto avevo scritto a suo tempo, non posso che riconoscere che Enia è rimasto fedele al suo stile e che riesce ancora a muovere emozioni e sentimenti con il suo teatro di parola, e speriamo che l’ispirazione continui ad accompagnarlo in futuro visto che sono sempre meno i rappresentanti di questa forma teatrale che riescono ancora a toccarmi il cuore. Mi pare anzi che, rispetto allo spettacolo visto a suo tempo, in questo caso la dimensione privata e personale si sposi ancora meglio emotivamente e narrativamente con il racconto della storia collettiva, colpendo nettamente nel segno.
Bravo Enia, e lunga vita al teatro di parola.
Voto: 4/5
lunedì 30 giugno 2025
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