mercoledì 21 marzo 2018

Il filo nascosto

Nella Londra degli anni Cinquanta Reynolds Woodcock (Daniel Day Lewis) gestisce insieme alla sorella Cyril (Lesley Manville) una casa di moda, in cui vengono realizzati - su disegni dello stesso Reynolds - abiti per tutte l'aristocrazia e la ricca borghesia del tempo.

Reynolds ha una personalità complessa e contraddittoria: è maniacale nel suo perfezionismo e ha un atteggiamento bulimico verso il suo lavoro, intorno al quale ha costruito l'intera sua vita, assecondato in questo dalla sorella, ma è anche un insicuro che non ha mai risolto il suo rapporto con la madre morta e che - quasi scaramanticamente - affida piccoli messaggi e pensieri a dei pezzi di stoffa che cuce in punti nascosti dei suoi abiti.

La sua vita procede per cicli di grande entusiasmo, che riversa principalmente nel lavoro e - in alcune fasi - anche sulle donne di cui si innamora, e brevi momenti di quello che oggi chiameremmo burnout, da cui si rialza pieno di nuove energie per disfarsi del "vecchio" e ripartire.

Negli equilibri un po' patologici di questa vita arriva a un certo punto la giovane Alma (Vicky Krieps), una cameriera maldestra che Reynolds ha incontrato durante la pausa di uno dei suoi viaggi in macchina e che presto trasformerà nella sua nuova musa e modella.

I segnali dell'esaurirsi di questa fase sembrano far presagire che la storia si ripeta sempre uguale con l'allontanamento della donna, rispetto alla quale Reynolds ha perso ormai interesse. Ma Alma dimostrerà una consapevolezza dei propri bisogni e una comprensione dei meccanismi della relazione con Reynolds capaci di spiazzare innanzitutto Cyril e, in secondo luogo, il giovane dottore cui Alma racconta la sua storia in un lungo flashback.

Il filo nascosto è l'ennesimo capitolo di un unico, lunghissimo discorso che Paul Thomas Anderson sta portando avanti praticamente dall'inizio della sua carriera cinematografica, ossia quello della manipolazione che ciascun essere umano può esercitare nei confronti di altri esseri umani. La sua riflessione nel corso del tempo si è concentrata sul rapporto a due (si vedano ad esempio Il petroliere e The master) per rivelare che la manipolazione è sempre un meccanismo bidirezionale, che si attua grazie all'innescarsi di una co-dipendenza. A questa "conclusione" il regista (e sceneggiatore dei suoi film) era arrivato già in The master; qui però fa un ulteriore passo avanti in quanto, oltre a scoprire le carte della manipolazione, rivela non solo la consapevolezza che ne hanno i protagonisti, ma addirittura la mutua soddisfazione - pur patologica - che ne deriva.

Il film di Paul Thomas Anderson - oltre a essere esteticamente perfetto e a riportare in vita le atmosfere di alcuni classici della cinematografia - si fa apprezzare perché discute in modo non banale come la sopravvivenza di una dinamica relazionale sia talvolta una risposta di coppia alle idiosincrasie e ai bisogni affettivi profondi dei singoli, aggirandone le resistenze in modi non sempre moralmente accettabili né comprensibili dall'esterno, ma conferendo senso ai gap emotivi di ognuno. Reynolds vuole essere accudito, ma non se lo concede perché schiavo del suo lavoro; Alma vuole amare e non solo essere oggetto d'amore con i tempi e i modi di Reynolds. I due si incontreranno in un terreno impervio e scivoloso che porterà entrambi molto vicini ai propri limiti.

Voto: 3,5/5

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