Viaggio a Tokyo / Vincenzo Filosa. Bologna: Canicola, 2015.
La società giapponese mi ha sempre incuriosita, ma non ho mai avuto la spinta - a parte gli incontri più o meno casuali con questa cultura (soprattutto attraverso il cinema) - ad approfondirne seriamente la conoscenza.
Fino a quando qualche mese fa sono venute a trovarci in biblioteca due funzionarie giapponesi, e l'incontro con loro, sia in presenza, sia poi per i contatti a distanza, mi ha offerto l'occasione di toccare con mano alcune caratteristiche di tale cultura e ha sollevato tanti interrogativi senza risposta rispetto a usi e abitudini per me quasi incomprensibili.

Avevo a casa i lavori di Igort, Quaderni giapponesi, e di Vincenzo Filosa, Viaggio a Tokyo.
In entrambi i casi si tratta sostanzialmente di racconti di viaggio relativi a periodi di permanenza più o meno lunghi in terra giapponese. Igort, dopo essere stato una prima volta in Giappone negli anni Ottanta, ci è tornato nel 1994 per iniziare una lunga collaborazione con una casa editrice di manga, Kodansha, che gli ha pubblicato la serie Yuri.



Dall'altro lato il libro di Vincenzo Filosa racconta del viaggio da lui fatto in Giappone, anche in questo caso all'inseguimento dei suoi miti, in particolare Tadao Tsuge, scoperto per caso mentre andava alla ricerca dei lavori di Yoshiharu Tsuge. Il viaggio di Filosa è però molto meno calligrafico di quello di Igort, più espressionistico, direi, allucinato, come riporta la quarta di copertina.

Il volume è strutturato come un manga e dunque si legge al contrario, a partire da quella che per noi sarebbe la quarta di copertina, e anche l'organizzazione interna delle tavole va da destra verso sinistra, cosa che richiede un attimo di tempo di ambientazione. Il fumetto è organizzato per momenti o suggestioni del viaggio. Anche in questo caso vengono raccontate molte particolarità e soprattutto stranezze della società giapponese, però la narrazione di Filosa è a tratti ben poco realistica e più immaginifica, ispirata appunto ai personaggi e al mondo visivo dei mangaka, anche approfittando del fatto che il suo "io" protagonista ha sempre pasticche a portata di mano.
Non tutto è dunque comprensibile per i neofiti della cultura giapponese e del mondo dei manga come me, eppure l'albo trasmette comunque un'atmosfera che paradossalmente nella sua stranezza appare in qualche modo quasi realistica.
Insomma Igort e Filosa mi hanno incuriosito. E state certi che la mia ricerca non finirà qui.
Voto: 3,5/5
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