Dopo essere andata due anni fa a vedere il film Due giorni una notte, e - anche grazie alla splendida interpretazione di Marion Cotillard - essermi riavvicinata ai fratelli Dardenne, alla proposta di andare a vedere il loro nuovo film non mi sono tirata indietro, preparandomi però psicologicamente al fatto che non si sarebbe trattato certamente di un film da cui uscire a cuor leggero.
La ragazza senza nome è una specie di thriller psicologico, un genere piuttosto nuovo per i due fratelli francesi, e con il quale - si capirà durante la visione - non sono perfettamente a loro agio.
Lo spunto della storia è molto interessante: Jenny Davin (Adèle Haenel) è una giovane dottoressa che presta servizio come medico di base, ma che si prepara al grande salto verso un prestigioso ospedale, grazie alla sua bravura. Un giorno, dopo l'orario di chiusura dell'ambulatorio, mentre è ancora lì con il giovane stagista Julien, qualcuno suona alla porta ma Jenny dice allo stagista di non aprire, visto che l'orario delle visite è terminato. Il giorno dopo, non lontano la polizia trova il corpo senza vita di una ragazza di colore, che si scoprirà - grazie alle telecamere poste all'ingresso dell'ambulatorio - essere la stessa che aveva suonato la sera prima. Da quel momento, Jenny - anche a causa del senso di colpa - impiega tutte le sue energie non tanto per scoprire chi ha causato la morte della donna, quanto per scoprire il nome di lei e darle una degna sepoltura. La sua "indagine" finirà per scoperchiare piccoli e grandi ipocrisie e segreti del piccolo mondo che la circonda, e la costringerà anche a fare i conti con il delicato equilibrio tra partecipazione e distacco su cui si regge la sua professione.
La missione di Jenny la esporrà a inevitabili rischi, ma in qualche modo romperà quel velo di omertà che sembra essere calato sul corpo della giovane donna morta, rivelando le contraddizioni e i conflitti interiori che si celano dietro un quotidianità apparentemente ordinaria.
Che dire? Per quanto mi riguarda siamo lontanissimi dalle vette del film Due giorni una notte. La mano dei Dardenne è sempre la stessa e la si riconosce anche in una certa meccanicità dello svolgimento narrativo, ma mi pare che in questo caso il risultato non sia perfettamente riuscito.
Non solo la prima parte del film risulta decisamente poco coinvolgente e in generale il film appare infarcito di dettagli e inserti non sempre chiaramente funzionali alla storia e al suo senso, ma i personaggi appaiono quasi robotici nei loro comportamenti e interazioni, così come la narrazione molto imbalsamata. Non che ci si possa aspettare dai Dardenne un vero realismo e una partecipazione emotiva non filtrata dalla loro visione delle cose, ma in questo caso la distanza non viene colmata altrimenti, lasciando lo spettatore in uno stato che oscilla tra incertezza e freddezza.
Questa volta i due fratelli belgi non mi hanno conquistata.
Voto: 3/5
venerdì 11 novembre 2016
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Ciao Anna, mi chiamo Sauro ("Kris Kelvin" è il mio pseudonimo) e sono un blogger dilettante... mi sono imbattuto su queste pagine sfogliando un blog "amico" (quello di Lisa, "In central perk") e mi piace molto il tuo stile asciutto e conciso. D'ora in avanti ti seguirò con piacere e, se vorrai, potremo anche scambiarci opinioni. Il mio sito è www.solaris-film.blogspot.it . Buon lavoro, e buone recensioni!
RispondiEliminaGrazie del tuo messaggio Sauro!! Mi farà piacere anche seguire il tuo sito. Teniamoci in contatto! Buone recensioni anche a te!
Elimina