Le buone maniere / Daniel Cuello. Milano: Bao Publishing, 2022.
Seguo ormai Daniel Cuello da qualche anno: dopo aver letto Mercedes, mi sono appassionata al suo lavoro e ho letto anche il suo precedente romanzo grafico, Residenza Arcadia, e quello nato dalle sue strisce, Guardati dal beluga magico. Tra l’altro, seguendolo anche su Facebook, ho scoperto di avere in comune con lui una cosa importante: entrambi adoriamo i croissant e vivremmo solo di quelli, il che me lo ha reso ancora più vicino e simpatico! ;-)
Con Le buone maniere Cuello prosegue nella sua narrazione – già avviata con Residenza Arcadia e Mercedes – di un futuro distopico, nel quale – in un luogo e in un tempo imprecisati – governa una dittatura che tiene le persone sotto il proprio giogo.
Se in Residenza Arcadia Cuello raccontava degli abitanti, per lo più anziani, di un condominio e in Mercedes spostava l’attenzione su una donna di potere caduta in disgrazia, in Le buone maniere l’ambiente rappresentato è quello di un ufficio, il numero 84 (che certamente è un richiamo al 1984 di George Orwell), dove – andata in pensione la precedente direttrice – la responsabilità è passata nelle mani di Teo Salsola, un uomo mite, ma incolore, tormentato dai traumi dell’infanzia.
L’ufficio in questione si occupa di bonificare tutti i testi che circolano o che devono essere pubblicati, in modo che siano coerenti con l’ideologia della dittatura al potere e da eliminare la possibilità che si diffondano idee nuove e potenzialmente pericolose.
Nonostante la gravità del compito dell’ufficio, al suo interno il funzionamento non è molto dissimile da quello di qualunque altro ufficio pubblico, con le sue regole, la sua catena di comando, le stranezze dei singoli, le competizioni e i dispetti reciproci, le ambizioni individuali, i rapporti di potere, le raccomandazioni.
Il racconto – come è tipico dello stile di Cuello – ha un tono che oscilla costantemente tra il grottesco e il drammatico non solo sul piano narrativo, ma anche sul piano stilistico, dei colori e del disegno.
Come sempre nei romanzi grafici dell’autore italo-argentino, i personaggi, pur nel loro essere tratteggiati in maniera ironica e grottesca, sono sfaccettati e complessi, non propriamente cattivi ma con le loro meschinità, non propriamente buoni ma capaci di slanci e forme di coraggio. Anche i più abietti, senza essere giustificati, vengono in qualche modo analizzati nella loro complessità.
Alla fine, Le buone maniere è una riflessione ironica, ma non per questo meno seria, sui condizionamenti sociali e su come il non scegliere e non prendere posizione ci renda inevitabilmente complici delle azioni più abiette; in sostanza Cuello ci offre un’altra declinazione di quello che Hanna Arendt ha definito la “banalità del male”.
Ci vuole dunque coraggio per non essere parte di un ingranaggio perverso, e - prima ancora che affrontare i pericoli e i rischi esterni - bisogna essere capaci di affrontare le proprie paure.
Voto: 3,5/5
Seguo ormai Daniel Cuello da qualche anno: dopo aver letto Mercedes, mi sono appassionata al suo lavoro e ho letto anche il suo precedente romanzo grafico, Residenza Arcadia, e quello nato dalle sue strisce, Guardati dal beluga magico. Tra l’altro, seguendolo anche su Facebook, ho scoperto di avere in comune con lui una cosa importante: entrambi adoriamo i croissant e vivremmo solo di quelli, il che me lo ha reso ancora più vicino e simpatico! ;-)
Con Le buone maniere Cuello prosegue nella sua narrazione – già avviata con Residenza Arcadia e Mercedes – di un futuro distopico, nel quale – in un luogo e in un tempo imprecisati – governa una dittatura che tiene le persone sotto il proprio giogo.
Se in Residenza Arcadia Cuello raccontava degli abitanti, per lo più anziani, di un condominio e in Mercedes spostava l’attenzione su una donna di potere caduta in disgrazia, in Le buone maniere l’ambiente rappresentato è quello di un ufficio, il numero 84 (che certamente è un richiamo al 1984 di George Orwell), dove – andata in pensione la precedente direttrice – la responsabilità è passata nelle mani di Teo Salsola, un uomo mite, ma incolore, tormentato dai traumi dell’infanzia.
L’ufficio in questione si occupa di bonificare tutti i testi che circolano o che devono essere pubblicati, in modo che siano coerenti con l’ideologia della dittatura al potere e da eliminare la possibilità che si diffondano idee nuove e potenzialmente pericolose.
Nonostante la gravità del compito dell’ufficio, al suo interno il funzionamento non è molto dissimile da quello di qualunque altro ufficio pubblico, con le sue regole, la sua catena di comando, le stranezze dei singoli, le competizioni e i dispetti reciproci, le ambizioni individuali, i rapporti di potere, le raccomandazioni.
Il racconto – come è tipico dello stile di Cuello – ha un tono che oscilla costantemente tra il grottesco e il drammatico non solo sul piano narrativo, ma anche sul piano stilistico, dei colori e del disegno.
Come sempre nei romanzi grafici dell’autore italo-argentino, i personaggi, pur nel loro essere tratteggiati in maniera ironica e grottesca, sono sfaccettati e complessi, non propriamente cattivi ma con le loro meschinità, non propriamente buoni ma capaci di slanci e forme di coraggio. Anche i più abietti, senza essere giustificati, vengono in qualche modo analizzati nella loro complessità.
Alla fine, Le buone maniere è una riflessione ironica, ma non per questo meno seria, sui condizionamenti sociali e su come il non scegliere e non prendere posizione ci renda inevitabilmente complici delle azioni più abiette; in sostanza Cuello ci offre un’altra declinazione di quello che Hanna Arendt ha definito la “banalità del male”.
Ci vuole dunque coraggio per non essere parte di un ingranaggio perverso, e - prima ancora che affrontare i pericoli e i rischi esterni - bisogna essere capaci di affrontare le proprie paure.
Voto: 3,5/5
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