Guardati dal beluga magico / Daniel Cuello. Milano: Bao Publishing, 2018.
Grazie alle mie amiche L. e I. non solo ho conosciuto Daniel Cuello ma - dopo aver comprato Mercedes – ho potuto leggere anche Residenza Arcadia e ora Guardati dal beluga magico.
A differenza dei due graphic novel già letti quest’ultimo albo è di fatto una raccolta di strisce già pubblicate altrove, incorniciate però da un prologo e da una storia in tre capitoli. Inoltre, in questo caso protagonista assoluto della narrazione è lo stesso Cuello, e dunque il registro si fa ancora più ironico e autoironico.
La storia che fa da contorno si basa sull'idea che il beluga rappresenti tutte le paure del fumettista e lo spettro di tutto ciò che incombe su di lui e che può andare male; questa condizione di stress del protagonista viene raccontata all’interno di una narrazione che si ispira al Canto di Natale di Dickens, con un alter ego di Cuello che è il lui stesso del futuro e che lo mette di fronte alle sue idiosincrasie e alla necessità di liberarsene.
All’interno di questa storia gustosa ma non imprescindibile, la vera chicca dell’albo restano però le strisce in cui Cuello riesce a enucleare alcune situazioni della sua vita quotidiana (e della vita quotidiana di tutti) facendoci al contempo ridere e vergognare non solo e non tanto di lui, quanto di noi stessi, nel momento in cui ci riconosciamo nelle sue piccinerie e in quelle degli altri.
Le strisce di Cuello mi hanno ricordato quelle raccolte da Paco Roca in Memorie di un uomo in pigiama, in quanto dimostrano la medesima autoironia, nonché la medesima capacità di osservare ed estrapolare dalla quotidianità situazioni esemplari e riconoscibili per tutti.
Ne viene fuori che, accanto ai fumettisti che ci raccontano il male di vivere e con una propensione malinconica, i quali attingono soprattutto a storie ed episodi della propria adolescenza, esiste un altro gruppo che utilizza massicce dosi di ironia e autoironia come strumento per gestire il proprio senso di inadeguatezza e una tendenziale sociopatia (del resto, è un po’ quello che penso dei miei contatti su FB che nei post appaiono più brillanti e divertenti!). E del resto, passare ore e ore del proprio tempo a fare i “disegnetti” come dice Zerocalcare (o pure a raccontare storie su FB) qualcosa dovrà pur significare! ;-)
Per quanto riguarda noi lettori non possiamo che essere grati al fato che anziché spingere queste persone verso altri territori li ha non solo dotati di un talento, ma ha fatto sì che questo talento venisse messo a disposizione di tutti attraverso le loro storie.
Voto: 4/5
giovedì 17 dicembre 2020
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