Esercizi d'amore / Alain De Botton; trad. di Paola Martinelli. Milano: Guanda, 1995.
Dopo aver letto Il corso dell'amore, l'ultimo libro pubblicato da Alain De Botton, ho deciso di andare ai suoi esordi e di leggere il suo primo romanzo, Esercizi d'amore.
Al termine della lettura riconosco una coerenza di fondo nell'approccio e al contempo un'evoluzione probabilmente dovuta al passare degli anni, in un processo che - se dovessi disegnarlo - rappresenterei con una spirale.
Anche qui al centro del romanzo c'è una coppia raccontata in prima persona dal protagonista che rievoca tutte le fasi della sua storia con Chloe iniziata e finita su un volo da Parigi a Londra. In questo racconto vengono passate in rassegna - senza lesinare in riflessioni a margine degli eventi - tutte le tappe dell'amore e l'istintiva coazione a ripetere che lo caratterizzano.
Alain De Botton dimostra fin da questo esordio la sua naturale tendenza a sottoporre anche l'amore - di solito considerato appartenente al reame delle emozioni in opposizione a quello della ragione - a un'analisi lucida e spietata, che probabilmente apparirà fin troppo razionale agli occhi di molti lettori.
A me il suo approccio - molto concreto e realistico - piace molto, anche perché De Botton non dimentica mai né sottovaluta la complessità umana, quella che fa sì che - anche quando sappiamo esattamente cosa sta succedendo e cosa dovremmo fare- non possiamo fare a meno di seguire la nostra natura.
La sua benevolenza verso gli esseri umani che disperatamente cercano di dare un senso e una direzione ai rapporti di coppia, ma non possono sottrarsi alle contraddizioni dei propri desideri e del proprio sentire, si esprime attraverso un linguaggio affettuoso e in buona misura ironico.
Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, la visione di questo De Botton giovane è per certi versi ancora più disincantata di quella del De Botton attuale. I protagonisti di questa storia vivono il loro amore – con alti e bassi, momenti difficili e momenti entusiasmanti – senza poter fare veramente nulla rispetto alla parabola che inevitabilmente lo caratterizza. Si incontrano, si innamorano, costruiscono un mondo di intimità di coppia, si rafforzano vicendevolmente, poi qualcosa si spezza e l’amore finisce, non necessariamente con gli stessi tempi per le due persone coinvolte. Poi la vita va avanti e altri amori prendono il posto di quelli finiti.
Il De Botton più maturo vuole credere nella possibilità di dare una prospettiva alla coppia, un futuro, anche di fronte a un andamento che inevitabilmente è ben lontano da quello prospettatoci dall’amore romantico o da quello cristiano o da qualsivoglia filosofia che inneggi alla connessione delle anime.
Se dunque dalla lettura de Il corso dell’amore ero uscita scossa ma fiduciosa, dalla lettura di questo primo romanzo sono riemersa un po’ triste e rassegnata, perché mi sono detta che allora i rapporti d’amore sono proprio come ho la percezione che siano. Difficili a durare, sempre, e che la storia dell’anima gemella è un’enorme fesseria.
Al contempo, ho pensato che un po’ di sano realismo - un realismo buono, non pessimista e distruttivo, bensì costruttivo e di prospettiva - ci possa aiutare a non idealizzare e a non illuderci da un lato, però anche a vivere la bellezza della definizione di quell’io condiviso che è la coppia come una fortuna e un’opportunità, e insieme a comprendere che la necessità di ritrovare sé stessi fuori dalla coppia alla fine di un amore non è una tragedia senza via d’uscita, ma una tappa naturale e inevitabile di esseri umani che sanno vivere in quel flusso inesauribile che è la nostra vita.
Voto: 3,5/5
giovedì 10 settembre 2020
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