Ed eccomi al tanto atteso (almeno per me!) appuntamento con la Festa del cinema di Roma, 14° edizione. Mi rendo conto che non si tratta di un vero festival (non c'è nemmeno una giuria) e che, rispetto agli appuntamenti più blasonati e con maggiore tradizione, stiamo parlando di una kermesse decisamente di secondo livello per selezione dei film e organizzazione. Però, questo festival abbiamo a Roma e io cerco di godermelo al massimo grado per quanto possibile.
Quest'anno il mio programma è stato davvero battagliero, e credo di essere riuscita a vedere molti più film che negli anni passati (pubblico qui le prime tre recensioni e le prossime in successivi post), nonostante il fatto che le mie sortite alla Festa si siano concentrate in meno di una settimana. Mi spiace solo aver visto pochi film della rassegna Alice nella città, quella che propone film con protagonisti bambini, adolescenti e giovani e che spesso riserva belle sorprese, ma gli orari nei giorni in cui potevo andare erano praticamente impossibili.
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Motherless Brooklyn - I segreti di una città
Il primo film che vado a vedere - che è poi anche il film di apertura della Festa - è Motherless Brooklyn, di e con Edward Norton, che tra l'altro è stato protagonista anche del primo degli "Incontri ravvicinati".
Il film è tratto dall'omonimo romanzo di Jonathan Lethem che Norton - oltre che girare e interpretare - ha adattato per il grande schermo. È una classica detective story che il regista, discostandosi in questo caso dal romanzo, ha deciso di ambientare nella New York degli anni Cinquanta, in pieno boom edilizio dopo la fine della guerra, ma attraversata da forti tensioni razziali, e non solo.
Il protagonista è Lionel Essrog, un detective privato che lavora per Frank Musso (Bruce Willis), il quale non è solo il suo capo ma anche - dopo averlo tirato fuori dall'istituto di suore dove viveva in quanto orfano - il suo mentore e il suo unico amico. Lionel è affetto dalla sindrome di Tourette: come dice lui stesso nel film, è come avere un anarchico incontrollabile che governa una parte del tuo cervello, e per di più questo anarchico ha l'ossessione per l'ordine. Lionel - che Frank chiama Motherless Brooklyn - è pieno di tic e allergico alle relazioni sociali, nelle quali la sua sindrome crea situazioni imbarazzanti, ma ha anche un dono particolare nel ricordare le cose e dunque è molto bravo a ricostruire frammenti di vicende come fossero puzzle.
Quando, durante un'operazione che sta seguendo, Frank viene ucciso, Lionel - anche in preda al senso di colpa per non averlo saputo salvare - decide di scoprire chi lo ha ucciso e perché. A poco a poco scoprirà che l'indagine di Frank riguardava un potente uomo politico di New York, Moses Randolph (Alec Baldwin), da molti anni sulla scena politica e protagonista delle grandi trasformazioni che stanno cambiando il volto della città, e una giovane donna di colore, Laura (Gugu Mbatha-Raw), che è coinvolta nelle proteste dei neri della città contro le espropriazioni e per la difesa dei loro quartieri.
Non sarebbe giusto rivelare di più della trama del film che si sviluppa come una classica indagine investigativa, probabilmente con qualche lungaggine che avrebbe dovuto essere gestita meglio a livello di sceneggiatura, ma impreziosito dalla rappresentazione di quelle realtà sotterranee della città nelle quali in quegli anni si esibivano quelli che sarebbero diventati i grandi nomi del jazz internazionale. Nel film di Norton del resto la musica ha un ruolo centrale e molta cura è stata posta sull'intera colonna sonora, che è stata affidata al compositore Daniel Pemberton e nella quale, oltre alle sonorità jazz, trova posto un brano inedito di Thom Yorke, Daily battles.
Il film si lascia vedere volentieri e tiene alta l'attenzione dello spettatore, pur non potendo esibire nessun elemento di particolare originalità, a parte la curiosa sindrome del protagonista che strappa qualche sorriso qua e là, con i suoi giochi di parole pressoché intraducibili.
L'aspetto che personalmente ho trovato più interessante è la riflessione sullo sviluppo della città di New York e in generale sulla tensione tra la spinta - spesso anche mossa da secondi fini e intenzioni non esattamente lodevoli - verso il progresso e l'innovazione e la necessità di rispettare gli individui e preservare l'esistente. Il discorso che Moses Randolph fa a Lionel quando tenta di portarlo dalla sua parte e in cui porta l'esempio della realizzazione di Central Park è per me uno dei momenti più interessanti e densi di riflessione di un film che per il resto scivola via gradevole ma senza lasciare grosse tracce.
Voto: 3/5
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Antigone
Il film della giovane regista canadese di lingua francese Sophie Deraspe è un coraggioso tentativo di trasporre la storia di Antigone, la figlia di Edipo protagonista della tragedia di Sofocle, ai giorni nostri e di farne una specie di manifesto politico-sociale.
Antigone Hippoméne (Nahéma Ricci) si è trasferita parecchi anni prima dal Libano in Québec insieme alla nonna Meni e ai tre fratelli Etéocle, Polynice e Ismene, a seguito dell'uccisione in frangenti non meglio precisati dei due genitori.
Mentre i fratelli Etéocle e Polynice frequentano giri non proprio raccomandabili e la sorella Ismene lavora in un istituto di bellezza, Antigone è molto integrata nella società canadese e molto brava a scuola. Un giorno, durante una retata della polizia in cui viene arrestato Polynice, Etéocle viene ucciso dalla pallottola di un poliziotto.
A questo punto Antigone decide di attuare un piano per salvare suo fratello dalla galera: con l'aiuto della nonna effettua uno scambio di persona che consente a Polynice di fuggire auspicabilmente negli Stati Uniti, mentre Antigone dovrà affrontare il processo.
Durante la lunga causa che la vede protagonista, Antigone è sostenuta da Hémon, il ragazzo che ama e da cui è ricambiata, figlio di un importante politico locale.
Di fronte alla scoperta dell'affiliazione dei suoi fratelli alla gang degli Habibi e alla prospettiva di perdere qualunque futuro per sé, Antigone continuerà a scegliere la fedeltà all'affetto fraterno e il cuore rispetto al calcolo della ragione, ribellandosi a una giustizia ch'ella considera ingiusta.
Rapidamente Antigone diventa - anche grazie al ruolo attivo di Hémon e alla scelta del suo avvocato d'ufficio di trasformare il suo caso in un evento mediatico - un simbolo della protesta dei deboli e degli emarginati delle periferie contro il potere della legge e dei più forti, nonché della vittoria della passione contro la fredda legge degli uomini. Il coro di questa Antigone sono i social, dove le frasi da lei pronunciate diventano slogan di Twitter e Facebook, la sua immagine viene trasformata in icona per le stories, e la sua vicenda si trasforma in video rap su YouTube.
L'effetto complessivo è a mio avviso piuttosto straniante e lo spettatore - forse inevitabilmente - fa fatica a immedesimarsi in un personaggio oggettivamente fuori dal tempo per le sue posizioni inscalfibili. Nonostante la bravura di Nahéma Ricci, il suo personaggio risulta alla fine poco empatico e a noi umanità post-moderna questa lettura, sì libera nello sviluppo narrativo, ma fedele allo spirito se vogliamo monolitico della protagonista della tragedia sofoclea, appare un po' rigida e poco credibile, soprattutto quando si mescola con questo prepotente affacciarsi dei temi e degli stilemi della contemporaneità.
Voto: 2,5/5
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1982
Il film di Oualid Mouaness affonda fortemente le radici nell'autobiografia del regista, che nel 1982 aveva 11 anni come il protagonista del film e, insieme ai suoi compagni, fu fatto evacuare dalla scuola inglese che frequentava nella zona Est di Beirut a seguito dell'inizio della prima guerra del Libano.
Il film sceglie una quasi perfetta unità di tempo e di luogo, raccontando una giornata solo apparentemente normale nella vita dei suoi protagonisti.
Sono gli ultimissimi giorni di scuola e, durante la giornata, sono previsti gli esami per i bambini delle ultime classi. Wissam (magnificamente interpretato da Mohamad Dalli) è bravo a scuola e ha un talento particolare per il disegno; è molto amico dell'occhialuto Majid e innamorato della sua compagna di classe Joanna, cui vorrebbe dichiarare il suo amore prima che cominci l'estate.
L'insegnante Yasmine (Nadine Labaki) viene accompagnata a scuola dal fratello ed è preoccupata perché quest'ultimo ha deciso di arruolarsi nella milizia libanese. A scuola ha un diverbio con Joseph, un altro insegnante e suo fidanzato, per la difficoltà di condividere le relative posizioni politiche.
Mentre la giornata scolastica comincia apparentemente in modo normale, fin da subito è evidente che una tensione attraversa le vite di tutti. Wissam osserva la presenza dei piccioni sui davanzali della scuola e si chiede da quand'è che ci sono. Joseph ha l'orecchio continuamente attaccato a una radiolina per ascoltare le ultime notizie sull'invasione israeliana. Yasmine riceve alcune telefonate da casa, dove suo padre non sta bene e tutti sono preoccupati per suo fratello.
Mentre da lontano cominciano a sentirsi i boati dei bombardamenti e a poco a poco i segnali dell'inizio della guerra si fanno sempre più evidenti (i caccia militari attraversano il cielo e in mare all'orizzonte si vedono le navi da guerra), la giornata scolastica va avanti e, mentre gli insegnanti, la segretaria della scuola e il preside sono sempre più preoccupati perché consapevoli di quello che sta accadendo, i bambini e i ragazzi sono presi dalle loro attività usuali, come giocare a biglie e disegnare, e dalla gestione delle dinamiche relazionali, tra litigi, avvicinamenti, pettegolezzi e confidenze.
Wissam ancora non è riuscito a dichiararsi a Joanna quando i bombardamenti si fanno sempre più vicini e la scuola viene evacuata: alcuni bambini vengono portati via dei genitori, altri vengono caricati nei pulmini che li riporteranno a casa, altri ancora restano a scuola in attesa che qualcuno delle famiglie si faccia vivo.
Sul tema della prima guerra del Libano e dell'atmosfera nel paese immediatamente precedente e successiva alla conclusione del conflitto ho ormai visto e letto diverse cose (ricordo in particolare di recente Jeedar El-Sot e prima L'insulto, ma non va dimenticato nemmeno Valzer con Bashir) e il film di Mouaness mi offre un ulteriore punto di vista, anzi più d'uno. Lo scoppio della guerra qui è guardato non solo con gli occhi dei bambini, ma anche di bambini se vogliamo privilegiati, provenienti da famiglie benestanti e che non a caso frequentano una scuola internazionale. Se da un lato la loro condizione non li sottrae ai pericoli del conflitto, dall'altro nel loro sguardo si mescolano la paura che li accomuna ai grandi, ma anche l'ingenuità e la fantasia risolutrice che li caratterizza.
Le due scene finali del film - quella di Wissam e Joanna che guardano dall'alto Beirut sotto i bombardamenti mentre dal mare arriva Tigron, il grande robot che Wissam disegna così bene, a salvare l'umanità, e quella della classe vuota con i banchi in disordine e le sedie rovesciate mentre ormai i piccioni hanno preso possesso degli ambienti - sono in un certo senso la sintesi dei complessi e contraddittori stati d'animo che si mescolano nel film e che una volta di più contribuiscono a mostrare l'assurdità della guerra e la resilienza della normalità.
Voto: 4/5
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Per le recensioni degli altri film che ho visto quest'anno, vedi qui e qui.
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mercoledì 23 ottobre 2019
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Non sono mai stato al Festival di Roma, più che altro per problemi di ferie e permessi che difficilmente riesco a prendere in questo periodo. Però prima o poi vorrei venirci, giusto per vedere com'è l'ambiente, l'atmosfera... e anche i film non sono affatto male: ogni anno escono diversi titoli assolutamente "cinefili". Mi sarebbe piaciuto vedere quello di Ed Norton, attore e autore che stimo da sempre.
RispondiEliminaCiao Kris! Innanzitutto se un anno dovessi riuscire a organizzarti fammi sapere che ci andiamo insieme :-) In secondo luogo, per quanto riguarda il film di Norton ti vorrei rassicurare che il film esce a breve. Quando lo vedi voglio conoscere il tuo parere.
EliminaGrazie! Guarda che ti prendo in parola... è sempre bello avere amici/che con cui condividere visioni!
EliminaIo dico sul serio! :-)
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