Quando la mia amica G. mi ha proposto di andare a vedere questo film non ne sapevo praticamente nulla, né mi era capitato di vederne il trailer. Così ho cominciato a cercare qualche informazione su Internet e ho capito immediatamente che si trattava di un'operazione cinematograficamente molto originale, in particolare per la commistione tra animazione e girato.
Le recensioni erano entusiastiche, nondimeno sono andata al cinema con qualche riserva, perché non sempre l'originalità è sinonimo di qualità e profondità. E invece il film mi ha conquistata.
Tratto dall'omonimo libro di Ryszard Kapuściński, il giornalista polacco che forse più di chiunque altro ha documentato e raccontato il terzo mondo dall'interno, Ancora un giorno è il racconto dell'esperienza del reporter in Angola nel 1975, subito dopo il crollo dell'impero coloniale portoghese e l'inizio della guerra civile tra il Movimento Popolare di Liberazione dell'Angola (MPLA) da una parte e il Fronte Nazionale di Liberazione dell'Angola (FNLA) e l'Unione Nazionale per l'Indipendenza Totale dell'Angola (UNITA) dall'altra.
Di fronte alla trasformazione dell'Angola in un terreno di scontro della guerra fredda, Kapuściński è animato dalla incrollabile volontà di comprendere dall'interno la situazione e le forze in campo e di andare nel sud del paese, dove il comandante Farrusco mantiene la posizione per il MPLA aiutato da un manipolo di guerriglieri contro l'avanzata dell'esercito sudafricano, che insieme agli Stati Uniti, sostiene il FNLA e l'UNITA.
Alla ricostruzione animata del viaggio di Kapuściński verso Sud si alternano le interviste ai protagonisti della storia ancora viventi: Artur, il giornalista che accompagna Kapuściński nel primo tratto di strada, Luis Alberto, un altro giornalista e cineoperatore che lo affianca in una seconda fase del viaggio, lo stesso comandante Farrusco. La memoria di coloro che invece hanno perso la vita durante questa orribile guerra civile che ha lasciato sul terreno migliaia e migliaia di morti e che è continuata fino al 2002 è infine affidata a immagini di repertorio, fotografie e video, come ad esempio nel caso della combattente del MPLA, Carlota, morta a due mesi dal compimento dei suoi vent'anni. Al suo ricordo e alla promessa fattale dopo che lei gli aveva salvato la vita, Kapuściński dedica la scrittura del libro sulla vicenda angolana, quasi fosse una vera e propria missione, nel tentativo di far conoscere al mondo storie, vicende e persone che altrimenti sarebbero rimaste completamente nell'ombra.
Dopo l'intervista a Farrusco e l'avanzata in Angola delle forze armate sudafricane, il film dà conto dell'Operación Carlota, ossia l'intervento delle forze armate rivoluzione di Cuba a sostegno del MPLA, contro Sudafrica e Stati Uniti, fino alla dichiarazione dell'indipendenza angolana, sebbene questo atto non costituì la fine delle ostilità.
Kapuściński appare invece consapevole che la vicenda angolana è rappresentativa di un processo in quel momento in corso a livello mondiale, a seguito della decolonizzazione, che avrebbe portato alla nascita del terzo mondo e a quella situazione di povertà, instabilità, guerra permanente che ancora oggi caratterizza molti di questi paesi.
Il film di Raúl de la Fuente e Damian Nenow ha lo straordinario appeal delle storie vere raccontate con passione e coinvolgimento emotivo e ha due meriti principali: innanzitutto quello di risvegliare l'attenzione e la curiosità sulla storia di paesi e realtà che noi occidentali conosciamo pochissimo e in cui si possono invece ricercare le radici di molti fenomeni del presente, in secondo luogo quello di farci conoscere meglio la figura di Kapuściński, la sua etica di giornalista, il suo senso di devozione al proprio lavoro, l'empatia con i mondi vissuti e raccontati e la sua continua battaglia contro la paura.
Un film assolutamente da vedere.
Voto: 4/5
sabato 11 maggio 2019
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