J (Rhys Fehrenbacher) è un ragazzino alle soglie della pubertà che sta seguendo un programma medico per ritardare il definitivo sviluppo ormonale in attesa di decidere se avviare la transizione verso il sesso femminile oppure no.
J vive in un contesto umano e sociale che appare aperto, tollerante e molto rispettoso della libertà individuale, tanto che tutti intorno a lui sembrano accettare l'incertezza sulla sua identità e, per non urtare la sua sensibilità, gli si rivolgono usando il plurale (da qui il titolo del film); persino l'episodio spiacevole capitato a scuola e da lui raccontato avrebbe potuto avere risvolti molto più terribili e tragici.
Accade però che, mentre i genitori sono lontani da casa in quanto impegnati ad assistere una zia con una demenza precoce, arrivano la sorella di J e il suo fidanzato iraniano e, proprio in questi giorni, il dottore informa J che, a causa di un abbassamento della densità ossea, il programma non può essere proseguito e dunque dovrà decidere cosa fare.
Il film di Anahita Ghazvinizadeh non pretende di dare delle risposte, né ha l'obiettivo di farci sapere quale sarà la decisione di J, decisione che infatti resta ignota allo spettatore, bensì intende mostrarci lo spaesamento di questo ragazzino nell'abbandonare l'infanzia e la difficoltà se non l'impossibilità di prendere, alla sua età, una decisione così importante, senza che nessuno possa sostituirsi a lui.
J trova rifugio nella serra dove sembra quasi trovare pace e armonia nell'osservare e curare fiori e piante; probabilmente la regista fa un'allusione alla differenza tra il mondo naturale la cui vita è completamente governata dall'istinto e il mondo umano in cui il possesso del libero arbitrio è una straordinaria ricchezza ma anche un bene faticosissimo e difficile da gestire.
Per raccontare tutto questo, la pellicola non si concentra esclusivamente sulla figura di J, bensì intorno a lui si muovono molte altre storie: sullo sfondo quella della zia che andando a fare jogging si è persa nel bosco, ma anche e soprattutto quella della sorella, che non sa se e come proseguire nella sua carriera artistica, e quella del suo fidanzato iraniano, diviso tra l'attaccamento alle sue origini e la nuova vita in America.
Tra le righe la regista sembra quasi suggerirci che la vita a qualunque età ci pone di fronte a scelte difficili e in qualche modo determinanti per il nostro futuro e, soprattutto, che qualunque scelta implica la perdita di una parte della propria identità e che in molti casi non esiste una scelta sicuramente giusta e una sicuramente sbagliata.
J dice chiaramente che a volte si sveglia sentendosi maschio, altre volte sentendosi femmina, altre volte ancora non ha una percezione definita della propria identità. Paradossalmente, in una società così generosa e aperta verso la scelta individuale, persino in un'età così precoce, esiste il rischio - non troppo remoto per quanto inevitabile e comprensibile da molti altri punti di vista - di mettere un bambino nella necessità di dover scegliere un'appartenenza, una casella, che non gli viene "naturale", interrogandoci tutti su cosa è "naturale" per ciascuno di noi.
Voto: 3/5
lunedì 4 giugno 2018
They
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