venerdì 8 giugno 2018

Mary e il fiore della strega

Approfitto di un weekend bolognese per fare un salto al Future Film Festival che si tiene ogni anno a Bologna tra maggio e giugno e celebra soprattutto il film d'animazione e le nuove tecniche relative. Quest'anno il festival ha dedicato una retrospettiva ai film di Isao Takahata, il co-fondatore dello Studio Ghibli, morto ad aprile.

Io però vado alla proiezione dell'ultimo film di Hiromasa Yonebayashi, di cui a suo tempo avevo visto Arrietty e Quando c'era Marnie.

La protagonista del film è una ragazzina dai capelli rossi, Mary, che si trasferisce a vivere dalla prozia, in attesa che la raggiungano i genitori. Mary è una bambina vivace ma un po' imbranata e fa fatica ad ambientarsi in un contesto abitato solo da vecchi. Un giorno, inseguendo due gatti, Mary si inoltra nel bosco che si sviluppa al limitare della casa e scopre uno strano fiore, che si scopre essere un fiore magico capace di conferire poteri da strega a chi ne viene in possesso. È così che Mary, trascinata da una scopa volante, si ritrova alla scuola di magia di Endor (sono evidenti i riferimenti visivi e di contenuto da un lato a Kiki delivery service, dall'altro all'universo harrypotteriano). Da bambina imbranata improvvisamente Mary si ritrova ammirata per i suoi poteri magici, ma ben presto scopre che i responsabili della scuola di magia sono dei cattivi che vogliono usare il potere magico per fare degli esperimenti "genetici" sulle persone, dopo aver ottenuto risultati mostruosi sugli animali. Quando l'amico Peter cade nelle loro grinfie, Mary capisce di dover usare la magia per il bene e raccoglie il testimone della prozia che scopre averla preceduta in questa lotta contro il male.

Una classica storia di iniziazione e di coming of age - onnipresente nel cinema e nella letteratura per ragazzi a tutte le latitudini - che vede protagonista una ragazzina irriverente che ha il pregio di non essere del tutto politicamente corretta.

Il film di Yonebayashi, pur essendo visivamente molto bello e fedele al disegno a mano, in questo del tutto degno della tradizione di Miyazaki, costituisce però dall'altra parte un parziale superamento delle tematiche e dell'immaginario - squisitamente giapponese, anche quando le sceneggiature sono ispirate a soggetti occidentali - che caratterizzano i film dello studio Ghibli (questo film tra l'altro è il primo dello studio di animazione Ponoc). Mary e il fiore della strega si propone come un ponte tra la tradizione collegata a Miyazaki e quella occidentale, in special modo inglese (la sceneggiatura arriva dal libro di Mary Stewart, The little broomstick).

Il risultato dal mio punto di vista è più convenzionale e meno poetico, fors'anche perché molto più vicino non solo al nostro immaginario ma anche alla nostra tradizione narrativa. Cosicché il fascino - seppure a volte un po' ostico e respingente del lavoro precedente del regista, Quando c'era Marnie - nonché la sensazione di completo spaesamento che alcuni capolavori di Miyazaki producono nello spettatore occidentale (costringendolo da un lato a uno sforzo interpretativo, dall'altro a lasciarsi andare alla pura forza della fantasia) sono lontani, se non addirittura assenti in questo anime, che ai miei occhi alla fine risulta gradevole ma non memorabile.

Voto: 3/5

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