venerdì 6 giugno 2014

Denmark: Welcome to the happiest country of the world. II parte

Dopo le prime giornate a Copenhagen e a Ribe (raccontate qui), siamo ad Aarhus, dove il nostro primo pomeriggio è occupato dalla ricerca di un alloggio. Alla fine ci va strabene, perché troviamo una stanza (purtroppo solo per una notte) all’Havnehotellet, una specie di hotel Ikea tutto selfservice che sta a Marselisborg, il porticciolo turistico di Aarhus, quello dove va a passeggiare la “gioventù dorata” come la chiama la nostra guida. Di fatto, il posto – che effettivamente trasuda ricchezza da tutti i pori – è davvero suggestivo e sembra di non essere in una grande città. La sera facciamo la nostra prima cena davvero danese al Raadhuus Kaffeen con aringhe, salmone, spezzatino e purè di patate. Tutto buonissimo, nonché abbordabile.

Il secondo giorno ad Aarhus è dedicato alle biblioteche: eccoci alla Gellerup Library a Brabrand, un quartiere di edilizia popolare, multietnico, dove però il comune ha grandi progetti di riorganizzazione. La bibliotecaria, Lone, è un personaggio incredibile, parla per quasi due ore ininterrottamente di qualsiasi cosa con uno spirito molto critico, che finalmente ci fa capire che in Danimarca c’è anche chi trova che non tutto vada così bene. A seguire eccoci alla biblioteca centrale in Moellegard, dove Jannik, un atleticissimo bibliotecario, ci porta in giro e poi ci accompagna al cantiere dove si sta costruendo la nuova biblioteca di Aarhus, che dovrebbe aprire nel 2015 ed essere prontissima per il 2017, quando la città sarà capitale europea della cultura. Capiamo che per quella data la città, in particolare il waterfront cambierà completamente aspetto, e forse a quel punto converrà tornare a visitarla.

La seconda notte – dopo una serie di ricerche non facili (visto che l’Ufficio del turismo non è praticamente di nessuna utilità da questo punto di vista) – dormiamo all’Aarhus hostel, circa 15 km dal centro della città, posto senza ambizioni, dove però c’è un bel parco e un favoloso tavolo da biliardo dove ci cimentiamo in una pseudopartita!

La nostra meta successiva è Skagen, la punta più a nord della Danimarca. Dopo infilate di campi di colza di un giallo quasi irreale che io non riesco a smettere di fotografare, dopo una sosta al fiordo di Mariager e in un localino con giardino interno al centro di Frederikshavn, arriviamo a Skagen. Un donnone con i capelli rossi ci dà le indicazioni per arrivare a un b&b che abbiamo selezionato sulla guida, in Fredensklit. Qui ci aspetta un appartamentino delizioso su due piani, con terrazzino privato e piano alto mansardato, non lontano dalle spiagge e dalle dune di sabbia che dominano questa parte della Danimarca.

Bella la passeggiata verso la Tilsandede Kirke (la chiesa insabbiata), anche se restiamo deluse dal fatto che quella che vediamo è una chiesetta costruita su quella che è stata coperta dalla sabbia. Imperdibile (nonostante il vento e il freddo) il tramonto sulla spiaggia a Højen (la antica Skagen), dove ci concediamo anche un aperitivo con birra e patatine. Eccellenti le pause gastronomiche al porto di Skagen, dove si susseguono senza soluzione di continuità localini in cui si mangia pesce di ogni tipo (qui compreremo anche del pesce che ci cucineremo a casa per la cena).

Il giorno dopo facciamo la classica gita a Grenen, la lingua di terra dove il mare del Nord e il mar Baltico si incontrano e si scontrano, creando un gioco di onde nell’acqua davvero inaspettato. Provo a infilare i piedi nell’acqua ma è impossibile starci per più di qualche secondo senza assiderarsi!

Il nostro giro del Nord è completato dalle visite alle grandi dune: prima al Rubjerg Knude Fyr, il faro abbandonato e in parte sepolto dalla sabbia, a strapiombo sul mare (uno spettacolo incredibile!), poi al Rabjerg Mile, una duna enorme che si sposta di diversi metri ogni anno (il vento e la sabbia a perdita d’occhio rendono la sensazione non dissimile da quella che credo si provi nei deserti di sabbia!).

È tempo di andare in Svezia. Prendiamo a Frekerikshavn un traghetto (con macchina al seguito) che in tre ore e mezza ci porta a Goteborg. Da qui ci dirigiamo verso sud per un assaggio della regione svedese della Scania. Pausa consigliatissima al Tjolöholms Slott, una dimora ottocentesca resa famosa in quanto usata come location del film di Lars Von Trier Melancholia, un posto effettivamente magico.

Ci fermiamo a Varberg per la notte e stavolta – visto che il paese non offre praticamente nulla, tranne una fortezza sul mare – ci concediamo un vero albergo con tutti i crismi, il Fregatten. Le cose memorabili che accadono a Varberg sono tre: l’andirivieni di macchine americane d’epoca con cui gli svedesi si pavoneggiano per le strade, lo spettacolare tramonto sul mare visto dall’alto della fortezza, e l’incontro a colazione con Stefan Edberg e famiglia (che però non ho il coraggio di disturbare per una foto!). Scoprirò dopo che la famiglia Edberg abita non molto lontano da lì, a Vaxio.

Ricominciamo a muoverci verso sud. Facciamo una pausa caffè a Båstad, dove si svolge il più importante torneo di tennis della Svezia. Bella la passeggiata sul mare dove il vecchio casino dei pescatori sul molo è stato trasformato in un centro benessere. La nostra meta però è la riserva di Kullaberg, che un’amica svedese del mio amico E. ci ha caldamente consigliato. Un colpo di fortuna ci porta in uno dei posti più belli dove abbiamo dormito, un appartamento su due piani, con vista sulla colza, sulla riserva e sul mare, all’interno di una fattoria gestita da una coppia. La signora ci fa una grande simpatia mentre sistema uno strepitoso giardino pieno di fiori e cura le sue enormi galline francesi.

Rapida visita a Mølle, dove mangio un enorme panino con lo sgombro, e poi passeggiatona nella riserva, fino all’estrema punta dove svetta il faro di Kullens su uno scoglio che si protende nella vastità del mar Baltico. Altro tramonto, questa volta sui campi di colza, sulla riserva e sul mare.

È tempo di lasciare il nostro b&b (con la lacrimuccia) e di tornare a Copenhagen. Dopo una sosta al design outlet di Hoganas (dove C. riesce a comprare una tazza da 15 euro! Però bellissima), eccoci a Helsingborg a imbarcarci sul traghetto che ci porterà a Helsingor, in Danimarca.

Il sabato prima di partire è dedicato alla visita del Louisiana Museum of Modern Art (a nord di Copenhagen), un museo incastonato tra la collina e il mare, che si sviluppa in orizzontale con lunghi corridoi vetrati che danno sul parco e sull’acqua. Architettura e location da urlo!

L’ultima avventura è la ricerca dell’alloggio a Copenhagen per la nostra ultima notte prima di partire. Rischiamo di finire in una specie di motel gestito da un inquietante signore in carrozzina, e alla fine decidiamo di spendere i nostri residui soldi per il Park Inn Hotel in zona aeroporto. Mai scelta fu più azzeccata, fosse anche soltanto per la straordinaria colazione a buffet che ci aspetta l’indomani mattina.

Eccoci sul volo di ritorno. Roma ci accoglie con un timido sole e con il solito caos. Sarà dura tornare alla normalità.

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