lunedì 24 febbraio 2014

unastoria / Gipi

unastoria / Gipi. Bologna: Coconino Press, 2013.

Gipi - si sa - è uno tormentato, sempre in qualche modo in conflitto con il proprio sé interiore e alla ricerca di una composizione tra questo e il mondo circostante; uno che cerca risposte nel proprio passato, in quello della propria famiglia, in quello dell'umanità.

Le sue sono storie che ci mettono di fronte alle nostre umane fragilità, quelle che ci hanno reso ciò che siamo, nel bene e nel male, e con cui inevitabilmente dobbiamo fare i conti per continuare a vivere.

unastoria, il suo ultimo graphic novel, è una po' la sintesi di quella che possiamo chiamare la poetica di Gipi, una specie di bilancio doloroso e in parte speranzoso dei suoi primi cinquant'anni. Gli stessi del protagonista di questo racconto, Silvano Landi, che a cinquant'anni si ritrova in una clinica psichiatrica dopo aver visto il proprio sé andare in pezzi e con quello anche ciò che restava della propria vita. Un uomo ossessionato da due immagini: un enorme albero solitario rinsecchito e una stazione di servizio nel nulla, illuminata da luci artificiali. Sono le immagini che collegano la sua storia a quella di un suo antenato, Mauro Landi, di cui Silvano ha trovato le lettere che questi scriveva dal fronte durante la prima guerra mondiale a sua moglie, che l'aspettava a casa con il figlioletto.

Si tratta probabilmente dell'opera più visionaria e poetica del fumettista pisano, come è testimoniato innanzitutto dal disegno che la caratterizza. Silvano tracciato con segni di matita insistiti, come i solchi che segnano il suo volto e la sua anima, il mondo circostante nella clinica fatto di tratti confusi e quasi pasticciati, come l'immagine che proiettano sulla sua interiorità; i grandi acquerelli che rappresentano una natura bellissima e spaventosa al contempo, buia prevalentemente, con pochi sprazzi di luce quasi accecante; le città invece sature di luce e di colori, che appaiono però finti, in qualche modo innaturali; il fronte, grigio e triste, in cui l'albero che ancora si erge nel vuoto circostante testimonia di una natura che l'uomo, con le sue mortali invenzioni, ha spazzato via.

Una storia sul tempo che lavora incessantemente, che non ha fretta di compiersi e che tutto compone; ma anche una storia sull'uomo che il tempo violenta con la sua capacità e la sua costante spinta a proiettarsi nel futuro e nello stesso tempo a conservare nella memoria il proprio passato.

Grandezza e condanna di un'umanità che proprio per questo porta su di sé i segni del passare del tempo e che - nella narrazione del passato e nella proiezione sul futuro - spesso smarrisce il proprio presente.

Voto: 3,5/5

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