domenica 29 marzo 2009

Ponyo sulla scogliera

Ponyo sulla scogliera, il nuovo film di Hayao Miyazaki, il maestro giapponese già autore de La città incantata e de Il castello errante di Howl, è puro godimento visivo, sonoro, emotivo e intellettivo.
Come spesso accade per i film di Miyazaki, si tratta di un cartone tradizionale in cui i disegni sono ancora fatti a mano e del tutto bidimensionali. In questo caso c’è anche una insistita scelta dei colori pastello che dà all’insieme un tono ancora più fiabesco.
Rispetto ai due precedenti film, questo ha forse una struttura narrativa più chiara e meno alogica, anch’essa al servizio del tentativo di conferire alla storia un forte connotato favolistico.
E non c’è dubbio che un primo livello di lettura, quello che più si rivolge al pubblico dei bambini e all’auspicato spirito infantile che da qualche parte alberga in ciascuno di noi, è proprio il piano della fiaba classica che coniuga cultura occidentale e orientale (arricchita dalle invenzioni e dallo straordinario potere immaginifico di Miyazaki).
Oltre questo piano, che forse già basterebbe a farne un film di un livello superiore alla maggior parte di quelli in circolazione, tornano programmaticamente alcuni temi cari al regista: il rapporto difficile tra l’uomo e la natura, la forte sintonia e affinità tra bambini e anziani, l’amicizia come valore assoluto.
Mi pare che - in più rispetto ai precedenti – in questo film faccia capolino una riflessione molto umanistica sul rapporto tra il nostro essere ingenuo e primitivo e il nostro essere evoluto e tecnologico e sulle possibilità che questi due aspetti dell’umanità e di ciascuno di noi possano trovare composizione.
Mi ha inoltre colpito la scelta di Miyazaki, convinto ecologista e comunicatore - attraverso i suoi film - del grido di dolore della natura, di scegliere come protagonista una pesciolina che vuole diventare una bambina e che incontra la positività dell’essere umano in un bambino, Sosuke, con cui Ponyo fa amicizia. Forse la speranza del mondo è che l’umanità ricominci a guardarlo con gli occhi ingenui e al contempo evoluti dei bambini.
È come se Miyazaki volesse dirci: l’umanità non è perfetta e i disastri che ha prodotto sono sotto gli occhi di tutti; però, è comunque mille volte meglio che vivere in una bolla protetta e in un mondo apparentemente perfetto. Come Ponyo, bisogna buttarsi nella mischia e accettare di perdere qualcosa (in questo caso i poteri magici) per conquistare altro, ossia la bellezza e anche la durezza dei sentimenti e del coinvolgimento nelle cose.
Lasciatemi fare infine un’ultima annotazione: Ponyo è un personaggio di una simpatia e tenerezza con cui forse solo Wall-e può competere. Le scene di questa bimba sui generis che cade improvvisamente addormentata, che si avvolge nell’asciugamano come nell’abbraccio di una persona, che stringe forte e senza freni il suo amichetto Sosuke, che corre sulle onde per inseguire quella che vuole sia la sua vita, sono capaci di strappare sorrisi ed emozioni come nessun personaggio in carne e ossa.
Lasciatemi sognare per un momento di assomigliare un po’ a Ponyo in questa sua essenzialità e istintiva primitività che a volte mi riconosco sotto quell’armatura sociale e culturale che tutti noi giorno dopo giorno ci siamo costruiti addosso.
Voto: 4,5/5

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