mercoledì 17 aprile 2019

Ricordi?

C'è una ideale linea di continuità che collega il primo film di Valerio Mieli, Dieci inverni, con questo nuovo, Ricordi?, che arriva dopo molti anni dal precedente, conseguenza - come dice il regista - della difficoltà di far arrivare i progetti in sala.

In entrambi i casi protagonista è una coppia: in Dieci inverni erano i bravi Michele Riondino e Isabella Ragonese; in Ricordi? gli altrettanto bravi Luca Marinelli e Linda Caridi (una vera scoperta, che già avevo avuto modo di apprezzare a teatro nella Trilogia sull'identità di Liv Ferracchiati).

In entrambi i casi il film si propone di approfondire l'azione del tempo sull'evoluzione del rapporto di coppia: lì era la cadenza con cui i due protagonisti si incontravano ogni inverno per dieci anni a dare il senso dell'alternarsi delle situazioni e del mutare dei sentimenti, rafforzando al contempo il legame tra queste due persone. Qui invece il tempo non segue il suo regolare andamento, bensì i piani temporali si sovrappongono e si confondono nella dimensione dei ricordi, innescando un ping pong di flashback e flashforward resi intellegibili e godibili dal buon lavoro di montaggio.

In Ricordi? - ancora più che in Dieci inverni - a incontrarsi quasi fatalmente sono due persone profondamente diverse, con uno sguardo sulla vita che potremmo dire opposto: lui è un giovane ombroso e pessimista, il cui rapporto con i ricordi oscilla tra l'angoscia e la nostalgia e che teme lo scorrere del tempo in quanto livellatore delle esperienze, strumento che produce banalizzazione e squallore; lei è una giovane solare, con i piedi piantati nel presente, che guarda al passato con tenerezza e al futuro con trepidazione e speranza.

Forse entrambi sono estremi in questo loro modo di rapportarsi all'esistenza: il fatto che tutto finisce è l'occasione per vivere intensamente il presente, come dice lei, ovvero la spada di Damocle che getta un'ombra su quello che viviamo, come pensa lui? La bellezza delle esperienze sta solo nella nostalgia dei ricordi, come sostiene lui, oppure le cose erano belle anche quando le abbiamo vissute solo che non siamo stati attenti a cogliere la bellezza in quel momento, come ipotizza lei?

La verità è che forse hanno ragione entrambi, e non a caso queste due anime - in fondo entrambe alla ricerca dell'unica cosa che interessa tutti nella vita, ossia quella felicità che forse sarebbe meglio declinare in stare bene con noi stessi e con gli altri - sono destinate, nel corso della storia, a influenzarsi a vicenda e a maturare verso posizioni più complesse e sfumate. Lui comprenderà che il momento perfetto è per sua stessa natura transitorio e che bisogna accogliere e apprezzare la vita nella sua mutevolezza, lei scoprirà la nostalgia e quei lunghissimi giri che talvolta ci riportano al punto di partenza.

Tutto questo avviene in un'atmosfera rarefatta e bisbigliata (in una bellissima ambientazione tutta laziale), e passa attraverso veri e propri flash che attraversano la mente di ognuno di noi in ogni momento, stimolati da un'immagine, un odore, un suono. Ma questi ricordi - sembra dirci Mieli - non sono altro che la proiezione di quello che siamo sul nostro passato: c'è poco di oggettivo - a parte alcuni elementi essenziali - e tanto invece della nostra visione della vita e del modo in cui sentiamo gli eventi. I due protagonisti hanno in fondo storie personali abbastanza normali, non  più tragiche o più felici di quelle di molti altri, ma ciascuno di loro distilla i ricordi e li ricostruisce in sintonia con il proprio modo di sentire. In un certo senso i ricordi diventano per ognuno i pilastri con cui sostenere sé stessi e la propria visione del mondo, e per questo possono cambiare man mano che anche noi cambiamo e come conseguenza dell'influenza che l'interazione intima e profonda tra due persone esercita sull'universo mentale di ciascuno.

Forse il film di Mieli resta un po' cerebrale, e anche il suo lato profondamente romantico rimane fortemente malinconico e in fondo irrisolto nella constatazione di quella che io definisco l'evoluzione incompiuta della specie umana, ossia la capacità di proiezione sul futuro che è evidentemente una straordinaria opportunità ma anche una condanna per ciascuno di noi. Non essendo capaci di vivere esclusivamente nel presente, possiamo solo cercare di fare l'uso migliore possibile della consapevolezza del fatto che ogni cosa ha una fine.

Voto: 3,5/5

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