Entriamo in teatro e sul palco – dentro una scenografia nera – ci sono delle persone che sembrano scaldarsi per un balletto. Vestiti con tute e similari, si muovono all’unisono con movimenti aggraziati e buffi.
Poi le luci si abbassano, il pubblico si zittisce e l’allenamento degli attori in scena si intensifica, fino a quando a uno a uno cominciano a spogliarsi restando infine completamente nudi.
La situazione all’inizio è surreale e imbarazzante: gli attori si coprono le parti intime e si nascondono gli uni con gli altri, il pubblico è incuriosito e al contempo a disagio.
Questa situazione straniante è resa ancora più straniante dall’esistenza di un deus ex machina invisibile, che dall’esterno fa arrivare sul palco oggetti di vario tipo, che da un lato soddisfano bisogni essenziali e ludici degli individui, dall’altro impongono doveri e condizionano i comportamenti.
Perdere la propria maschera innesca però un lento ma inesorabile processo che è contemporaneamente di ritorno ad uno stato primitivo e dunque istintivo, ma anche di liberazione e recupero della propria individualità.
La liberazione e la responsabilità di se stessi come individui saranno piene solo quando i soggetti sul palco non solo avranno messo da parte le proprie sovrastrutture (ad esempio la vergogna e altre inibizioni, nonché il controllo imposto dall'educazione), ma riusciranno a non essere schiavi neppure dei condizionamenti provenienti dall’esterno.
Tutto questo si realizza in uno spettacolo di un’ora, in cui il significato (che io ho interpretato nei termini di cui sopra, ma che potrebbe essere oggetto di letture diverse) è solo una piccola parte dell’esperienza dello spettatore, che è sì concettuale, ma è anche e soprattutto sensoriale.
Il gioco sapiente delle luci e dei chiaroscuri, gli inserti sonori e musicali, la scenografia, l’alternarsi di vuoti e pieni, la fisicità potente degli attori basterebbero da soli a fare di questo spettacolo di Emma Dante un lavoro riuscito, da cui non si può uscire indifferenti.
La quasi totale assenza della parola (ci sono solo un breve inserto dialettale e qualche suono che esce dalle bocche degli attori) affida completamente ai corpi la comunicazione con il pubblico: la iniziale distanza si accorcia progressivamente fino alla realizzazione di un’empatia tra il pubblico e gli attori sul palco che trascina in qualche modo gli spettatori nei meandri del loro essere primitivi.
Emma Dante regista non smette di sperimentare e di sorprendere: a lei il merito di mettersi continuamente in gioco, con lavori più o meno riusciti, ma sempre certamente innovativi e sorprendenti.
Voto: 4/5
mercoledì 1 novembre 2017
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Buongiorno, nuova follower, complimenti per il blog e i post, qui la mia ultima recensione appena pubblicata: https://ioamoilibrieleserietv.blogspot.it/2017/11/una-grande-famiglia-serie-tv-recensione.html
RispondiEliminati aspetto da me come lettore fisso (trovi il blog anche su instagram come: ioamoilibrieleserietv)
grazie
Grazie a te e complimenti per il tuo blog! :-)
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