Siamo a Bologna, una Bologna che un po' è quella vera come tutti la conosciamo con i suoi portici e le sue torri, un po' è quella riletta e immaginata in modo quasi magico dalla mente di Luca Vanzella e dai disegni di Giopota.
Antonio è uno studente di storia medievale e sta preparando una tesi sui santi dimenticati. In questo ultimo anno di università dovrà però affrontare la fine della storia con Tancredi con tutto quello che ciò comporta: lo scoramento, la mancanza di fiducia in se stesso, la nostalgia e i ricordi, le piccole illusioni quotidiane e le grandi delusioni, i tentativi falliti di iniziare nuove relazioni, i rapporti e le avventure con i suoi coinquilini, anche loro altrettanto irrisolti sul piano sentimentale. In poche parole, la metabolizzazione dell'abbandono.

Lo stile di Vanzella e Giopota non è però introspettivo in maniera lacrimevole, bensì frizzante e a tratti ironico. E il mescolarsi di realismo e inserti onirici e surreali (la nevicata di conigli ad esempio), nonché la reinterpretazione di cose reali in termini buffamente astratti, conferiscono al racconto una freschezza poco consueta nei graphic novel italiani e che a tratti ricorda alcuni elementi tipici dei manga.

Un anno senza te si mantiene quasi sospeso in uno spazio-tempo indefinito in cui riconosciamo molte cose e nello stesso tempo ci sentiamo sperduti.
Come Antonio, alla fine della lettura dell'albo anche noi prenderemo la nostra spada in mano e ci sentiremo più pronti e più forti per affrontare il mondo, anche se certo a volte non è facile; l'importante è ricordarsi di potercela fare, grazie anche alle risorse che ci portiamo dentro e ci costruiamo attraverso le esperienze.
Voto: 3,5/5
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