Trilogia della pianura: Canto della pianura, Crepuscolo, Benedizione / Kent Haruf, trad. di Fabio Cremonesi. Milano: Enne Enne Editore, 2015.
In Canto della pianura Kent Haruf racconta la storia di Tom Guthrie, un insegnante con una moglie depressa, Ella, che a un certo punto va a vivere a Denver dalla sorella, e due figli di 9 e 10 anni, Ike e Bobby. A scuola ha un problema con uno studente spaccone, Russel Beckam, ed è amico, e poi amante, di un’altra insegnante, Maggie Jones. Quest’ultima è colei che mette in contatto Victoria Roubideaux, una ragazza diciassettenne che è rimasta incinta, con i fratelli Raymond e Harold McPheron, due allevatori che la accolgono in casa.
In Crepuscolo, il secondo volume della trilogia, Victoria Roubideaux si sta trasferendo con la figlia all’Università, lasciando così la casa dei fratelli McPheron. Dopo la morte di Harold, Raymond resta da solo e finirà per innamorarsi di Rose Tyler, una donna che lavora per i servizi sociali. Questa sta seguendo il caso della famiglia Wallace, genitori e due figli, che vivono in una roulotte e devono fare i conti con il loro violento zio Hoyt Raines. Il piccolo DJ invece si prende cura del nonno, mentre Mary Wells, che è stata lasciata dal marito e si occupa da sola delle due bambine, Dena ed Emma, attraversa una fase di depressione.
Infine, nel terzo libro della Trilogia, Benedizione, il vecchio Dad Lewis sta morendo, accudito amorevolmente dalla moglie Mary e dalla figlia Lorraine, e vive le sue ultime settimane alternando momenti di serenità e momenti di rimorsi e rimpianti, tra cui il rapporto mai sanato con il figlio gay. La loro vicina di casa, Berta May, si prende invece cura della nipote Alice, la cui mamma è morta, mentre le Johnson, madre e figlia, vivono da sole e, dopo aver conosciuto Alice, si affezionano alla bambina e le comprano una bicicletta. Il reverendo Lyle è arrivato a Holt con la moglie e il figlio adolescente, con cui ha dei problemi di comunicazione; presto il suo senso di giustizia lo metterà in conflitto con l’intera comunità.
In Italia la NNE (Enne Enne Editore) ha pubblicato i libri di Haruf in un ordine diverso da quello in cui sono stati scritti. Io li ho letti praticamente alla rovescia, cominciando da Benedizione e finendo con il Canto della pianura. Come Kent Haruf ha detto agli editori italiani, la sua è una loose trilogy, e dunque non c’è un ordine cronologico obbligatorio per la lettura. Personalmente, non so se – dovendo ricominciare – li leggerei nell’ordine in cui sono stati scritti o adotterei nuovamente una sequenza random, che pure ha il suo fascino.
In realtà, il vero collante della trilogia è la cittadina di Holt, piccolo centro delle piane del Colorado, frutto della fantasia dello scrittore, ma descritta con una tale cura dei particolari e seguendo una mappa così precisa che sembra di vederla e appare più vera del vero.
Siamo in quell’America delle grandi pianure sabbiose e aride, dove dominano coltivazioni di cereali e pascoli di mucche e cavalli, punteggiate di tanto in tanto di fattorie in parte abitate in parte disabitate. È un’America senza tempo, al punto che – a parte che per alcuni piccolissimi dettagli di contesto presenti soprattutto in Benedizione – è impossibile per il lettore dire esattamente se le storie raccontate sono contemporanee oppure risalgono a 50-60 anni fa.
Gli stessi protagonisti e le loro vicende sono senza tempo, a marcare l’immutabilità di vita umane che scorrono sempre uguali attraverso gesti, azioni e rituali che si ripetono attraverso le generazioni.
Le vicende umane raccontate da Haruf sono piccole e per certi versi insignificanti, colte nel loro fluire, senza dovere necessariamente seguirne tutti gli sviluppi, senza la necessità di attenderne una conclusione portatrice di senso.
Quella di Haruf è una sorta di “osservazione non intrusiva”, come quella che gli antropologi adottano all’interno delle comunità che studiano, e trasmette lo stesso senso di immersione e di verità, facendoci dimenticare che tutto quello che leggiamo è frutto della fantasia dell’autore.
E, come un antropologo dell’animo umano, Haruf guarda con affetto profondo e partecipe le vite di questi uomini e di queste donne, nelle quali i colpi di scena sono l’eccezione e la norma è invece una quotidianità fatta di piccole cose. Una specie di racconto in presa diretta della vita vera, quella che porta con sé le sue piccole felicità nonché le tristezze e qualche volta eventi drammatici e dolorosi. La trilogia della pianura parla delle cose quotidiane senza enfasi, ma queste vicende nella loro ordinarietà rivelano l’aspetto straordinario della vita.
Tutto ciò viene raccontato con una scrittura lieve come una carezza, soprattutto quando Haruf parla delle persone e dei loro sentimenti, mentre la scrittura si fa precisa, a volte aspra e persino violenta, quando descrive la natura, gli eventi atmosferici, la vita degli animali e la fatica del lavoro che si fa a contatto con la terra e le bestie.
Qualunque sia la storia raccontata, Haruf tratta i suoi personaggi con profondo rispetto e attenzione, conferendo alle loro vicende umane una dignità piena anche nelle situazioni più miserevoli e suscitando nel lettore la necessità di una comprensione profonda dei limiti, delle difficoltà e delle miserie di ciascuno. In Haruf non ci sono condanne, ma affetto sincero per questi uomini, donne e bambini, tutti descritti con una vividezza magistrale.
E questa comprensione e affetto non scaturiscono dal fatto di indagare le ragioni o le cause prime dei comportamenti, che invece spesso vengono taciute o restano non conosciute, bensì solo dalla constatazione che essere umani è lo sforzo che tutti i giorni ciascuno di noi fa ed è chiamato a fare, ma nessuno ci ha veramente insegnato a farlo.
Nei singoli volumi di questa trilogia l’accento è posto su momenti diversi della vita, il Canto della pianura più sulla nascita e l’inizio, Crepuscolo più sulla parte centrale – diciamo adulta – dell’esistenza, anche se non necessariamente intesa in esclusivo riferimento all’età, Benedizione sulla fase discendente e sulla morte. Il tono però – pur nelle percettibili differenze di stile – resta lo stesso, lieve, sussurrato, rispettoso di un’umanità di cui Haruf si sente profondamente parte e mai censore.
Tre libri che sono tre piccole gemme preziose da custodire il più a lungo possibile nelle pieghe del cuore e con il sommesso rimpianto di non poter tornare un giorno a respirare le vite degli abitanti di Holt.
Voto: 4,5/5
mercoledì 31 agosto 2016
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento
Lascia qui un tuo commento... Se non hai un account Google o non sei iscritto al blog, lascialo come Anonimo (e se vuoi metti il tuo nome)!