Fino a un mese fa circa, data la mia già denunciata ignoranza in materia di musica classica, non sapevo neppure chi fosse Martha Argerich. Poi, su suggerimento esterno, compro i biglietti per il concerto al Santa Cecilia in cui la Argerich suona Schumann.
E qui cominciano i miei ascolti che culminano nel weekend in cui, il giorno prima di andare ad ascoltare il concerto, vado a vedere al Festival internazionale del film di Roma il film-documentario Bloody daughter che Stephanie Argerich ha realizzato per raccontare dei suoi genitori, entrambi pianisti, in particolare di sua madre Martha.
E qui cominciano i miei ascolti che culminano nel weekend in cui, il giorno prima di andare ad ascoltare il concerto, vado a vedere al Festival internazionale del film di Roma il film-documentario Bloody daughter che Stephanie Argerich ha realizzato per raccontare dei suoi genitori, entrambi pianisti, in particolare di sua madre Martha.
Bloody daughter non è un documentario di grandissime pretese artistiche, né concettuali, però è perfetto nel mettere in contatto con la personalità complessa di Martha Argerich e per guardare a questa grande pianista con l’occhio privato e affettuoso di sua figlia. Ne viene fuori il ritratto di una donna che ha dedicato la sua vita al pianoforte e alla musica, i cui amori più grandi sono certamente stati Beethoven e Schumann, ma la cui vita è stata anche attraversata ed è abitata da molte persone importanti: una madre dotata di un carattere fortissimo e soverchiante, i tre uomini dai quali ha avuto le sue tre figlie, appunto le tre figlie che hanno segnato periodi importanti e spesso difficili della sua vita, i nipotini, il suo manager che è una specie di amico fraterno, i fan cui Martha ha sempre dedicato molto tempo.
Al centro della vita di Martha c’è però sempre stato il palcoscenico, cui la lega un rapporto di amore e di odio: luogo della vita più vera per una pianista che solo nell’esecuzione della musica, nella performance musicale, realizza se stessa, ma anche luogo simbolico della paura più grande di tutte, quella di non essere all’altezza. E ovviamente il pianoforte che sembra per la Argerich l'unica vera maniera di esprimersi, tanto che di fronte alle domande della figlia spesso non riesce a completare le frasi e ne conclude che le parole non bastano, che è difficile spiegare le cose verbalmente.
È sorprendente scoprire che una musicista di questo livello continui a sentirsi annichilita ogni volta che sta per salire sul palco, mentre quando ne discende sembra aver succhiato la linfa direttamente dell’albero della vita.
È sorprendente scoprire che una musicista di questo livello continui a sentirsi annichilita ogni volta che sta per salire sul palco, mentre quando ne discende sembra aver succhiato la linfa direttamente dell’albero della vita.
Così, se è vero che la giovane e timida ragazza dai capelli corvini ha lasciato il posto a una signora dalla folta chioma grigia, lo stesso miracolo sembra accadere il giorno dopo la visione del film, quando, nell’ambito del Schumann Fest, dopo il Nachtlied op. 108 eseguito dal coro e dall’orchestra diretta del maestro Antonio Pappano, Martha Argerich si siede al pianoforte dialogando con l’orchestra nell’op. 54 (concerto per pianoforte e orchestra in La minore).
La più che settantenne Argerich non solo è più volte richiamata sul palco dal pubblico, ma alla fine concede un piccolo bis per la gioia di tutti i presenti.
Segue la sinfonia n. 2 che chiude in bellezza questa serata dedicata a Schumann.
Ne esco contenta, appagata. E, il giorno dopo, la mia personale biblioteca di musica classica si arricchisce di altri 4-5 CD :-)
La più che settantenne Argerich non solo è più volte richiamata sul palco dal pubblico, ma alla fine concede un piccolo bis per la gioia di tutti i presenti.
Segue la sinfonia n. 2 che chiude in bellezza questa serata dedicata a Schumann.
Ne esco contenta, appagata. E, il giorno dopo, la mia personale biblioteca di musica classica si arricchisce di altri 4-5 CD :-)
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