mercoledì 6 febbraio 2019

La favorita = The favourite

Il regista Yorgos Lanthimos con i suoi tutto sommato ancora pochi film all'attivo (di cui io ho visto solo The lobster) ha già acquisito, all'interno del panorama cinematografico, un'identità molto peculiare, che potremmo sintetizzare in una visione caustica dell'umanità, interessata a esplorare i lati oscuri delle nostre personalità e del nostro vivere sociale. È per questo che i suoi film risultano inquietanti e/o destabilizzanti e lasciano generalmente lo spettatore con molte domande senza risposta.

Con La favorita (che ho voluto vedere in lingua originale) Lanthimos - pur fedele alla sua visione del mondo - si inoltra in un terreno per lui nuovo: oltre a essere il primo film di cui non scrive la sceneggiatura (ne sono autori Deborah Davis e Tony McNamara), il regista sceglie di girare un film in costume, ispirato a personaggi reali e a vicende storiche.

Il film è ambientato nella corte inglese della Regina Anna Stuart (Olivia Colman) all'inizio del Settecento, nella fase in cui il regno inglese è in guerra (tanto per cambiare!) con quello francese, e si tratta di decidere - dopo una battaglia vinta - se firmare la pace oppure continuare la guerra fino a una vittoria schiacciante che consentirebbe di imporre condizioni più dure ai francesi.

La regina Anna è una donna fragile e bisognosa di affetto, segnata dalla perdita di numerosi figli e da una serie di acciacchi che le rendono faticoso persino camminare, una donna costantemente alla ricerca di qualcuno che la ami, la rassicuri e soddisfi i suoi desideri, anche sessuali.

La favorita e consigliera di Anna è Sarah Churchill, duchessa di Marlborough (Rachel Weisz), una donna sicura di sé e volitiva cui di fatto la regina - in cambio dell'accudimento - demanda il governo del paese.

Quando a corte arriva Abigail Masham (Emma Stone), la donna - che ha un passato di rango ma è caduta in disgrazia a causa dei comportamenti irresponsabili del padre - comincia la sua manovra di avvicinamento prima alla duchessa e poi alla regina, puntando - con tutti i mezzi leciti e meno leciti - a sostituire Sarah nel ruolo di favorita.

Intorno a loro un mondo di uomini con le facce dipinte di trucchi improbabili e con in testa parrucchoni inguardabili, rappresentati come bambinoni per i quali tutto è un gioco: la corsa delle anatre, il tiro al bersaglio di un uomo di corte con le arance, la conquista di una donna, il ruolo di primo ministro, il governo del paese.

Questi uomini ridotti a caricature di sé stessi sono manipolati e sovrastati dalla perfida astuzia, ma anche dall'intelligenza delle due donne, Sarah e Abigail, che rapidamente diventano le uniche protagoniste della scena e si sfidano in una competizione senza esclusione di colpi. Ne risulta una narrazione godibile, a tratti esilarante, che si alterna - creando un forte contrasto - a una sensazione di strisciante angoscia.

Una colonna sonora molto ben congegnata e le inquadrature tipicamente alla Lanthimos (qui si fa un ampio uso del grandangolo e del fish eye creando un effetto paradossalmente claustrofobico) definiscono i confini di un ambiente malato e decadente, che nonostante le apparenze non è forse poi tanto lontano dalla nostra contemporaneità.

Che Lanthimos ci parli dell'esercizio del potere anche attraverso l'uso del sesso e della manipolazione in un'inedita chiave tutta al femminile è evidente, ma personalmente vedo ulteriori livelli di lettura, meno palesi e forse anche meno definiti. Se la regina Anna suscita una forma di compassione per le sue sofferenze e follie, le motivazioni che spingono Sarah e Abigail a giocare la loro partita - a volte anche crudele - sono completamente diverse: Abigail punta a ripristinare il suo status perduto, ad affrancarsi definitivamente dalla situazione di povertà e minorità nella quale è caduta per colpe altrui, e una volta garantitasi una condizione di benessere e tranquillità non mostra forme vere di affezione; Sarah è un personaggio più difficile da inquadrare: a tratti sembra quasi che la sua affezione per la regina sia sincera e che il suo atteggiamento verso di lei sia genuinamente protettivo, al contempo però è evidente che la duchessa utilizza l'ascendente esercitato sulla regina per svolgere un ruolo di potere che non le spetterebbe e per il quale forza - non sappiamo se in buona o in cattiva fede - persino il volere di Anna, né è chiaro se Sarah abbia in qualche modo anche approfittato economicamente della sua posizione di forza.

Con La favorita lo sguardo obliquo del regista si sposta dall'universo quasi metafisico cui ci ha abituati a un mondo storicamente determinato e caratterizzato da una carnalità quasi sovrabbondante, e in questo passaggio al registro surreale si sostituisce una non meno spietata ironia.

Voto: 3,5/5


2 commenti:

  1. E' il primo film "Mainstream" di Lanthimos, e gli va dato atto di essere rimasto coerente con la sua idea di cinema. Anche se, certo, i suoi film migliori sono altri (The Lobster su tutti). Però non si possono non apprezzare il sarcasmo cinico, feroce, della sceneggiatura e la bellezza della confezione.

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    1. Sono le due cose che ho apprezzato anche io. Quello che per me resta un punto interrogativo è se queste due cose fossero o meno a servizio di un significato più alto (e io non l'ho pienamente identificato)

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