lunedì 29 ottobre 2018

The miseducation of Cameron Post. Behold my heart

Quest'anno la mia partecipazione alla Festa del cinema di Roma è stata più limitata e concentrata in pochi giorni, un po' per impegni che si sono andati a sovrapporre, un po' perché la selezione operata dagli organizzatori mi è sembrata meno originale rispetto ad altre volte.

In particolare, mi pare che alla Festa di Roma prevalgano sempre di più film la cui uscita è prevista entro qualche settimana, rendendo dunque la spesa dei biglietti per il festival poco giustificabile, a parte che per la possibilità di vedere i film in lingua originale (cosa non sempre possibile nei circuiti normali) e per la presenza (non sempre però) delle delegazioni, ossia di registi, produttori e attori.

Continua a fare eccezione il Festival parallelo "Alice nella città", che secondo me resta il vero valore aggiunto della Festa del cinema, al punto tale che le mie scelte negli ultimi anni si stanno sempre più spostando in questa direzione.

Per il primo weekend di programmazione riesco a vedere solo due film: The miseducation of Cameron Post e Behold my heart. Avevo in programma anche la visione di Fahrenheit 11/9 di Michael Moore, ma il nubifragio che ha colpito la città domenica sera ha reso impossibile per me muovermi verso il cinema. E comunque il film di Moore esce a brevissimo in sala, quindi lo recupererò. Peccato solo per i 12 euro persi.

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The miseducation of Cameron Post

Siamo nel 1993. Cameron (Chloë Grace Moretz) è una studentessa di liceo che ha una storia con l'amica Coley, anche se ufficialmente ha un fidanzato brufoloso. Alla festa di fine anno viene scoperta a fare sesso con l'amica e la zia Ruth, con cui vive da quando i genitori sono morti, decide di mandarla al God's promise, un centro di rieducazione per ragazzi e ragazze omosessuali finalizzato a correggerne l'orientamento.

Qui Cameron farà la conoscenza della direttrice del centro, che i ragazzi vedono come la strega dell'universo disneyano, e di suo fratello Rick, che è un 'ex omosessuale' ricondotto sulla retta via, nonché degli altri ragazzi e ragazze che - provenendo da storie individuali le più varie - sono finiti anch'essi iscritti al programma di rieducazione. Qui Cameron troverà chi si ribella, chi ci prova con tutte le sue forze, chi soffre in silenzio: ognuno reagisce a modo suo alla violenza emotiva e psicologica di rinnegare sé stesso.

A partire dal best seller di Emily Danforth, la regista Desiree Akhavan sceglie di raccontare questa storia puntando principalmente sul registro ironico, pur non tacendo dei risvolti tragici che essa può portare con sé. E lo fa attraverso una protagonista credibile e molto in parte.

Perciò, durante la visione di The miseducation of Cameron Post un po' si soffre per lo spaesamento e la confusione di questi adolescenti, cui in qualche modo viene negata la possibilità stessa di una confusione, però dall'altro lato si ride e si sorride, anche perché i ragazzi sono capaci di trovare vie di fuga e spensieratezza anche lì dove è apparentemente impossibile. Cameron che canta What's going on in piedi sul tavolo della cucina imitando Cindy Lauper è certamente una delle vette del film.

Va aggiunto che la regista riesce a evitare anche le contrapposizioni manichee e a non demonizzare i due responsabili del centro che non sono cattive persone e probabilmente - dentro il loro orizzonte ideologico - sono anche in buona fede, ma sono a loro volta le prime vittime di un indottrinamento pericoloso individualmente e socialmente.

E alla fine del film ci si trova a pensare che forse questa è una storia del passato e che oggi le cose sono diverse, ma quando poi si legge che "L’amministrazione Trump starebbe valutando una radicale eliminazione dei diritti delle persone transgender: un memo del dipartimento della Sanità e dei servizi umani definisce il sesso di una persona come una condizione biologica e immutabile, determinata solo sulla base dei genitali alla nascita" si capisce che la guardia deve rimanere alta e che forse oggi più che mai bisogna vigilare perché non si rimettano in discussione i diritti individuali e i progressi sociali acquisiti in anni di lotte.

Voto: 3,5/5




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Behold my heart

Margareth (Marisa Tomei), Steven (Timothy Olyphant) e Marcus (Charlie Plummer) sono una famiglia come tante, con i suoi equilibri forse imperfetti, ma pur sempre felice. Margareth è colei che porta a casa i soldi, lavorando tutto il giorno in una società di marketing, Steven fa il musicista e si occupa della casa e in buona parte anche del figlio adolescente Marcus. Quando una sera Steven viene ucciso da Jack, un reduce di guerra, spesso ubriaco e fuori di testa, la vita di Margareth e Marcus va in pezzi.

Margareth in particolare si lascia completamente andare, ricorrendo all'alcol per affrontare il dolore, mentre Marcus oscilla tra il tentativo di occupare il posto del padre, prendendosi cura di sua madre, e il desiderio di vivere la propria vita di adolescente, fatta di amori, amicizie e uscite. Ma ben presto dovrà fare i conti da un lato con la difficoltà di tirare fuori sua madre dal baratro nel quale è caduta, dall'altro con il proprio stesso dolore che prende forme diverse man mano che i giorni passano e si somma con la fatica di essere adolescente.

Quando Marcus va via di casa e, dopo essere stato per un periodo dall'amico Seamus, decide di andare a vivere nei boschi, Margareth - che, dopo aver toccato il fondo, si sta faticosamente rialzando anche per amore del figlio - lo segue e si installa a poca distanza da lui.

Madre e figlio si ritroveranno proprio in quel dolore che li ha allontanati e da lì ripartiranno verso la ricostruzione delle loro vite come singoli e come famiglia.

Il film diretto e sceneggiato da Joshua Leonard è articolato in capitoli che corrispondono sostanzialmente alle fasi dell'elaborazione del dolore, quelle che però ognuno in base al proprio carattere, all'età della vita e ad altri fattori di contesto vive in modo personale e individuale.

Anche i percorsi di Margareth e Marcus sono diversi, ma alla fine si ritroveranno nel rispetto reciproco e nell'amore per la vita.

Un film a suo modo minimale che affronta con delicatezza e non senza ironia temi importanti - tra tutti l'adolescenza e gli equilibri familiari -, e lo fa non solo attraverso i due protagonisti, ma anche attraverso una serie di figure di contorno particolarmente riuscite.

Voto: 3,5/5

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