mercoledì 1 agosto 2018

Verderame / Michele Mari

Verderame / Michele Mari. Torino: Einaudi, 2007.

Di Michele Mari avevo letto un po' di anni fa solo una raccolta di poesie, Cento poesie d'amore a Ladyhawke, e pur non essendo io un'appassionata del genere avevo trovato la lettura piacevole. Poi S. - nel periodo in cui mi era presa la smania di fare i puzzle - mi aveva fatto leggere un esilarante racconto sui puzzle presente in una raccolta dell'autore.

Così avevo iniziato a incuriosirmi della scrittura eclettica di Mari e avevo comprato il suo Verderame.

Siamo nell'estate del 1969. Michele ha 13 anni e trascorre le sue vacanze nella casa di campagna dei nonni. Il ragazzino è un lettore accanito e un grande amante dell'avventura.

Nelle lunghe giornate estive fa amicizia con Felice, il lavorante della tenuta dei nonni che abita nella dependance e si occupa principalmente del verde di casa e di piccoli lavori.
Felice affascina il piccolo Michele perché per la sua bruttezza e per il modo in cui si comporta e le attività di cui si occupa - ad esempio preparare il verderame da dare alla vigna - appare ai suoi occhi come un mostro degno della migliore letteratura.
Quando Felice comincia a perdere la memoria Michele decide di aiutarlo insegnandogli l'arte della mnemotecnica.

I contatti sempre più frequenti tra i due fanno sorgere in Michele una serie di interrogativi sul passato dell'uomo che aumentano a dismisura la curiosità del ragazzino e ne fanno un piccolo investigatore alla ricerca della verità.

Il libro di Michele Mari si legge con voracità grazie al mix accattivante tra il romanzo di formazione e il vero e proprio cold case, un giallo del passato da risolvere.

La scrittura di Mari è raffinata e ricercata (era da tempo che non mi capitava di dover ricorrere più volte al dizionario, non perché non capissi il senso della frase ma perché non conoscevo il termine usato dallo scrittore). Anche l'uso del dialetto (Felice parla varesotto) se all'inizio mi ha un po' disturbata e reso la lettura faticosa, man mano è diventato una nota di colore e di ulteriore interesse della narrazione. 

Alla fine dei conti il romanzo di Mari è una specie di omaggio sui generis alla letteratura (moltissimi sono gli autori e i libri citati da Michele) e soprattutto un'occasione di lasciarsi andare - attraverso il protagonista - al puro piacere del racconto e della narrazione, l'unico gioco che sembra conquistare la sua fantasia e il suo bisogno di avventura, e direi anche quelle del suo alter ego nonché omonimo Michele Mari. 

E non importa se nella narrazione non tutto sia perfettamente credibile e non tutti i pezzi del puzzle tornino a posto, perché il piacere sta anche nella possibilità di riempire i buchi con le risorse infinite di un' immaginazione ben nutrita.

Bel libro. Bella lettura.
Per me forse anche l'inizio di una nuova passione letteraria.

Voto: 4/5

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