Siamo in Corea del Sud, anche se il regista nonché sceneggiatore di Burning, Lee Chang-Dong si ispira - seppur liberamente - a un racconto di Murakami Haruki ambientato in Giappone.
Al centro della narrazione c'è un "classico" triangolo (basti pensare a Jules e Jim): due ragazzi, Jongsu (Yoo Ah-In) e Ben (Steven Yeun), e una ragazza, Haemi (Jong-seo Jun).
Jongsu proviene da un piccolo paese contadino al confine con la Corea del Nord e suo padre è sotto processo per lesioni a pubblico ufficiale. Jongsu però vuole affrancarsi dalle sue umili origini e aspira a diventare uno scrittore, nonostante le difficoltà prodotte dal classismo della società coreana.
Un giorno incontra Haemi, una ragazza che viene dal suo stesso paese e che sbarca il lunario con piccoli lavoretti. Haemi è irresistibile nella sua leggerezza un po' naif, ma a poco a poco rivela una grande fragilità, un desiderio di felicità che si mescola a quello di scomparire come il sole all'orizzonte.
Ben invece è un ricco rampollo, un po' narciso e annoiato, ma anche generoso e contemplativo, che Haemi conosce in viaggio e che lei stessa introduce tra lei e Jongsu innescando inevitabilmente meccanismi competitivi e di gelosia incrociata.
Quando Haemi sparisce senza una spiegazione, Jongsu non si dà pace e non può fare a meno di sospettare di Ben, fors'anche alla ricerca di un motivo nel quale convogliare la propria rabbia che ha radici molto più ampie e profonde.
Come in Parasite, Burning parla di una società coreana in cui le differenze sociali sono profonde e incolmabili, dove i soldi sono un fattore intorno al quale si aggrumano da un lato la rabbia e la frustrazione di chi non ce li ha (e semmai è anche pieno di debiti), dall'altro la noia e l'infelicità di chi ne possiede troppi e che proprio per questo fa fatica a trovare stimoli nuovi. In tutti si percepisce un disagio profondo e un senso di disadattamento e depressione.
Però, mentre Bong Joon-Ho - pur conoscendo perfettamente dall'interno il sistema sociale coreano ed essendo emotivamente in linea con gli umori che lo attraversano - utilizza un linguaggio capace di essere pienamente interpretabile anche da un pubblico occidentale (non a caso ha vinto l'oscar), Lee Chang-Dong si muove dentro una sensibilità e una modalità narrativa molto più chiaramente orientale. I tempi lenti, il non detto e il non esplicito, la compressione dei sentimenti, il malessere strisciante ma non eclatante, l'aria di mistero che circonda le cose e le persone (nessuno dei protagonisti è leggibile in maniera univoca e lineare) sono tutte caratteristiche che collocano Burning dentro una cultura e una sensibilità in parte lontane dalle nostre. Cosa che però non ci impedisce di esserne affascinati e di essere condotti dal regista - con strumenti diversi dalla dialettica verbale - a cogliere il "senso" del racconto, senza pretendere di capire tutto o che tutto ci sia spiegato.
Voto: 3,5/5
martedì 21 luglio 2020
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Da sempre certo cinema orientale ha un fascino irripetibile e intrasportabile in Occidente. Questo film mi manca, ma sembra molto interessante.
RispondiEliminaSe ti piace il cinema orientale direi che vale certamente la pena di vederlo :-)
EliminaIo adoro Murakami e adoro Lee Chang Dong, e "Burning" è stato il mio film del cuore della scorsa stagione. Sono assolutamente d'accordo con te: è un film coreano al 110%, senza influenze orientali, e per me è un valore aggiunto. Trovo che la cinematografia coreana in questo momento sia la più vitale al mondo, e penso che quando l'arte è vera arte arriva a tutte le latitudini, basta essere un minimo disposti ad aprire la mente... un po' come i libri di Camilleri: all'inizio si fa un po' fatica ma poi, una volta entrati nel suo mondo, non ti accorgi neanche più di parlare una lingua diversa :) io "Burning" lo consiglio a tutti: è grande cinema!
RispondiEliminap.s. errata corrige: intendevo dire "influenze occidentali", ovviamente
EliminaIo l'avevo perso a suo tempo e per fortuna l'ho potuto recuperare sul grande schermo in arena. Sono d'accordo con te sul fatto che la Corea sia in questo momento una delle realtà più vitali.
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