Il ramen bar di Tomita si trova a Matsudo nella prefettura di Chiba, fuori da Tokyo, cosicché chi vuole assaggiare il suo famoso tsukemen (caratterizzato da un brodo densissimo alla cui preparazione lo chef pone una cura speciale) deve alzarsi molto presto la mattina e mettersi in fila davanti al negozio già dalle 7 per sperare di ricevere un biglietto di prenotazione per un qualunque orario nella giornata (in realtà pare che nel 2019 Osamu Tomita abbia aperto anche una sede a Tokyo, ma nel film, che è del 2017, non se ne accenna in alcun modo).
Sicuramente il personaggio di Osamu Tomita è molto interessante; colpisce molto noi occidentali il modo quasi ossessivo con cui lo chef ricerca la perfezione del suo ramen e cerca gli ingredienti perfetto per realizzarlo, nonché la rigidità con cui gestisce i suoi aiutanti e l’attenzione con cui segue tutte le fasi della preparazione. Quello di Tomita per il ramen è un amore che va al di là del lavoro e che impregna di sé anche la sua vita familiare e personale: ci si aspetterebbe che al di fuori del suo lavoro Tomita non voglia sentir parlare di ramen, e invece spesso porta la famiglia a mangiare fuori per assaggiare ramen di altri chef. Con due di questi famosi chef giapponesi Tomita organizza l’evento per il decimo anniversario del suo ramen bar, che vede la creazione di un ramen speciale, studiato dai tre chef appositamente per l’occasione e servito da loro in persona durante il giorno dell’anniversario.
Il film di Koki Shigeno però non parla solo del “re del ramen”, ma in generale del fenomeno ramen in Giappone: dal banco di strada del mercato di Tokyo che prepara in media oltre 1000 ciotole di ramen al giorno ad altri famosi ramen bar in cui vengono proposte tutte le varianti di questa famosa zuppa, il tonkotsu, lo shio, lo shoyu e molte altre, secondo l’inventiva e la creatività dello chef.
Ramen heads mi ha ricordato a tratti un altro bel documentario a tema gastronomico, ambientato in Giappone, Jiro e l’arte del sushi, dedicato appunto a un altro piatto nazionale che ha una lunga tradizione e richiede una preparazione molto accurata. Pur essendo il sushi e il ramen in un certo senso agli antipodi nel range culinario giapponese, ciò che colpisce è il modo in cui questi chef votano l’intera loro vita alla ricerca della perfezione in quello che fanno, dimostrando una passione e una dedizione al lavoro che per noi ha quasi dell’incomprensibile e che molto racconta anche della cultura giapponese.
Comunque al termine della visione il primo pensiero è prendere un aereo e andare a Matsudo ad assaggiare lo tsukemen; peccato che quando vedo il film sono inchiodata in casa e non posso andare nemmeno al mio ristorante giapponese preferito di Roma (che nel frattempo ha riaperto), il cui ramen non sarà all’altezza di quello di Tomita ma è decisamente molto buono!
Voto: 3/5
Nessun commento:
Posta un commento
Lascia qui un tuo commento... Se non hai un account Google o non sei iscritto al blog, lascialo come Anonimo (e se vuoi metti il tuo nome)!