venerdì 2 agosto 2019

Il nostro meglio / Thi Bui

Il nostro meglio / Thi Bui; trad. di Veronica Raimo. Milano: Mondadori, 2018.

La Mondadori pubblica nella collana "Oscar Ink" l'edizione italiana del graphic memoir The best we could do (tradotto in italiano con Il nostro meglio), di Thi Bui, una insegnante, fumettista e scrittrice americana di origine vietnamita.

L'opera di Thi Bui nasce dall'urgenza di scavare nella storia familiare, nel momento in cui la donna partorisce il suo primo figlio e si trova di fronte al senso di responsabilità enorme che questo comporta. È qui che la donna comincia a interrogarsi sui suoi genitori e a voler comprendere cosa si nasconde dietro i loro comportamenti e quali sono le radici di alcuni loro modi di essere.

In questa ricostruzione, Thi Bui risale indietro nel tempo fino agli anni precedenti alla seconda guerra mondiale, in un Vietnam che faceva parte dell'Indocina francese e dove vivevano i suoi nonni. Attraversiamo così la storia di un paese che ha subito le pesanti conseguenze della colonizzazione, ritrovandosi nel secondo dopoguerra e poi con l'inizio della contrapposizione dei blocchi, spaccato in due: il nord comunista e il sud filo-occidentale. Un paese che ha vissuto l'ingerenza bellica degli Stati Uniti, ma che al ritiro delle truppe americane ha vissuto una guerra civile ancora più orribile che ha messo i vietnamiti gli uni contro gli altri e ha costretto molti alla fuga per sfuggire alle violenze, alla fame e alle epurazioni.

La famiglia di Thi Bui, formata oltre che dai due genitori da altre due sorelle e un fratello (nato in un campo profughi) e che porta con sé l'ombra di altre due figlie morte dopo la nascita, ha fatto parte dei boat people che sono scappati in barca in Malesia e hanno vissuto in un campo profughi, fino alla ricollocazione negli Stati Uniti, anche grazie al fatto che lì già viveva una sorella della mamma che ha fatto da garante per loro.

Agli orrori, alle fatiche, alle enormi difficoltà vissute in patria e come profughi in Malesia è seguita poi la vita da immigrati negli Stati Uniti, non certo meno facile o più accogliente, con un padre a casa a gestire i figli piccoli e una madre impegnata fuori casa per tutta la giornata in un lavoro sottopagato .

Questo viaggio nel tempo e nelle storie personali dei suoi genitori (e dei genitori dei suoi genitori) è una specie di viaggio alle radici del dolore che questa famiglia e lei stessa si portano dentro, quel dolore con cui Thi Bui ha dovuto fare i conti e venire a patti, fino a perdonare i genitori e i loro limiti, ma in fondo anche sé stessa e i propri limiti presenti e futuri verso suo figlio. Perché "the best we could do" non è necessariamente il meglio in assoluto, ma il meglio possibile stanti le condizioni e le esperienze individuali.

Il nostro meglio è una profonda riflessione sul rapporto genitori-figli, sulla necessità che ogni generazione conosca, comprenda e perdoni la precedente per guardare avanti e trasmetta il passato e i suoi valori al futuro senza per questo imbrigliarlo.

Ma soprattutto questo fumetto è l'occasione di conoscere e comprendere meglio la storia di un paese, le cui vicende sono note solo attraverso la lente delle diverse propagande ideologiche, nonché uno straordinario racconto di cosa significa essere costretti a fuggire dal proprio paese e iniziare una nuova vita in un posto in cui ci si sente estranei, facendoci vivere quasi sulla pelle la paura e il dolore di una vita continuamente minacciata e in fuga, ma anche l'istinto di sopravvivenza che ci guida nelle situazioni peggiori e la solidarietà che talvolta fa capolino nella barbarie.

Un grandissimo fumetto da cui farsi indignare e commuovere senza ritegno.

Voto: 4,5/5

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