Il grande prato è la storia di due fratelli gemelli identici (la gente li chiama "siamesi") che vivono con lo zio in una baracca non lontano dal fiume, non lontano da un campo rom, alla periferia di una squallida periferia di città, fatta di palazzoni, di immondizia e di spaccio di droga.
Siamo dunque in un mondo marginale, che spesso chi ne è fuori percepisce come un tutt'uno indistinto, gente da ignorare e con cui non avere possibilmente niente a che fare.
Invece Roberto Grossi ci mostra che ci sono stratificazioni e gerarchie anche nella marginalità.
Lo zio dei gemelli non vuole che loro frequentino il campo rom, mentre i ragazzi di strada della periferia urbana li trattano come straccioni e ladri esattamente come i rom. E invece i gemelli - nella loro incoscienza di bambini e anche nella loro coraggiosa sfrontatezza che sconfina quasi nel cinismo - finiscono per diventare dei frequentatori assidui del campo rom, nonché per interferire anche nel mondo degli abitanti dei palazzoni.


C'è qualcosa di spettrale nelle atmosfere disegnate da Roberto Grossi, che dà una patina a tratti quasi horror a un racconto sociale.
Per fortuna c'è anche lo spazio per la speranza, che fa capolino attraverso una zattera sul fiume tenuta ancorata a un albero. Il messaggio è che esiste sempre un modo per ricominciare e provare a costruire un mondo con meno brutture, dove poter vivere e non solo sopravvivere.
Voto: 3/5
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