venerdì 15 febbraio 2013

Argo


Quello di Ben Affleck è proprio un gran bel film. Di quelli che ai festival ti viene spontaneo battere le mani. Due ore che volano mescolando registri cinematografici differenti in maniera quasi perfetta.

La storia è nota: alla fine del 1979 in Iran gli studenti rivoluzionari assalgono l’ambasciata americana prendendo in ostaggio 52 americani. La cosiddetta crisi degli ostaggi durò 444 giorni e creò una tensione altissima tra l’Iran di Khomeini e gli Stati Uniti di Jimmy Carter.

Affleck si sofferma in particolare sulla vicenda di sei dipendenti dell’ambasciata americana che erano riusciti a fuggire e a rifugiarsi nella residenza dell’ambasciatore canadese.

Tony Mendez (interpretato – a dirla tutta con un eccesso di staticità - dallo stesso Ben Affleck) è l’agente della CIA specializzato in “esflitrazioni” incaricato di portare in salvo i sei cittadini americani fuori dall’Iran.

La strategia adottata sarà quella di chiedere aiuto a Hollywood per fingere la produzione cinematografica di un film di fantascienza, intitolato appunto Argo, da realizzare in Iran, trasformando i sei americani in altrettanti componenti della troupe cinematografica.

Quello di Affleck è un film che sa costruire e far crescere la tensione in maniera mirabile, ma sa anche stemperarla con straordinaria ironia per gli esiti originali dell’incontro tra il variopinto e improbabile mondo hollywodiano e l’altrettanto improbabile e decadente mondo della politica e dei servizi segreti. I personaggi del truccatore (interpretato da John Goodman) e del produttore (interpretato da Alan Arkin) sono tra le cose migliori del film e sono fondamentali per spazzare i rischi della retorica patriottica americana che sono insiti nella sceneggiatura.

Ben Affleck sceglie ovviamente di abbracciare la paura e le difficoltà degli ostaggi e dell’eroe Tony Mendez che permetterà ai sei americani di prendere un aereo per gli Stati Uniti, e non può sfuggire alla necessità di celebrare la “grandezza” dell’America alla maniera degli americani, ma non manca di richiamare le ragioni storiche dell’odio iraniano per gli americani (ragioni tra l’altro estremamente complesse in quanto complessa è la storia politica dell’Iran), né si fa sfuggire l’occasione per ironizzare sul labile confine tra farsa e tragedia che caratterizza Hollywood e che rappresenta perfettamente lo spirito americano.

Al di là però delle valutazioni di carattere storico, etico e ideologico, il film di Affleck è un grande omaggio al cinema ed uno straordinario prodotto cinematografico che ci riconcilia con la settima arte e ci offre due ore di grande spettacolo.

Il cinema hollywodiano classico al suo meglio.

E adesso posso dire anch'io "Argovaffan***o", ma se non avete visto il film non potete capire ;-)

Voto: 4/5


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