Particolare questo film di Giuseppe Capotondi e capace di suscitare interesse sia dal punto di vista cinematografico che dei contenuti.
Sul piano cinematografico, sorprende la capacità di mescolare generi diversi: la prima metà del film è quasi una ghost story, un "piccolo film di paura", che crea ansia, tensione e fa stare lo spettatore in una condizione di inquietante angoscia; la seconda parte è insieme una storia d'amore, un piccolo giallo, un dramma psicologico.
Ksenia Rappoport, che già avevo enormemente apprezzato ne La sconosciuta di Giuseppe Tornatore, conferma la sua straordinaria capacità di dare spessore ai personaggi e una complessità che è propria della vita reale. Filippo Timi, sempre bravo, gli fa degnamente da spalla.
Ma, dal mio punto di vista, l'aspetto più interessante del film è la capacità del regista di rendere per immagini il dialogo interiore tra conscio e inconscio e la riflessione che guardare sullo schermo il fluire dell'inconscio suggerisce. Ho trovato entusiasmante il racconto di sintesi dell'inconscio, capace di chiamare a raccolta passato, presente e futuro, di mescolare eventi e persone, di trasfigurare i nostri sensi di colpa e le speranze più recondite. E ancora più entusiasmante è poi il confronto con la realtà e il processo di razionalizzazione e selezione che la nostra mente conscia inevitabilmente fa, e non sempre per il meglio.
In questa fase della vita forse avrei voluto che il film riuscisse a suggerire una via d'uscita, ad aprire una speranza, a forgiare una forma di felicità. Purtroppo, invece, non si può fare a meno di sentire e condividere il blocco interiore dei personaggi, cui neppure essere messi faccia a faccia con le pieghe più profonde del proprio io dà la forza di conferire una reale svolta alla propria esistenza.
E alla fine del film resta sospeso e incombente l'interrogativo sul senso della nostra vita.
Voto: 3,5/5
mercoledì 28 ottobre 2009
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