domenica 5 settembre 2010

Da Est a Est, ovvero dal tarallo al raviolo (cinese) – III (e ultima) parte

Sarebbe troppo difficile descrivere a mo’ di racconto i 7 giorni trascorsi tra Shanghai (hanging around) e Hangzhou (totalmente irreggimentati nell’organizzazione perfetta di un convegno che quasi non ci lascia neppure un attimo di libertà) (a proposito, se non avete mai sentito parlare di Hangzhou non siete ignoranti, ma vi impressionerà sapere che è una città - pare - di oltre 7 milioni di abitanti e che pomposamente i cinesi la definiscono Paradise on hearth, si fa per dire!). Perché la Cina, o almeno questa parte della Cina, a descriverla può sembrare quasi un posto normale. Che non è. Per questo ho idea che un racconto non riuscirebbe a trasmetterne tutta la natura paradossale.
E dunque ho deciso che, rispetto alla puntata precedente, procederò per quadretti, sensazioni, impressioni, episodi.

Da pochi minuti per le strade di Shanghai capiamo che è vero quando dicono che questi miliardi di cinesi sono passati senza soluzione di continuità dalle biciclette alle macchine di grossa cilindrata (è chiaro che i tassisti fino a ieri avevano un’idea solo molto vaga di cosa fosse un’automobile!) e chi non è potuto passare alla macchina ha invaso le strade con motorini elettrici più simili ai Ciao che guidavamo a 15 anni (ma molto più silenziosi) che agli scooter di cui sono piene le nostre città. Qualunque mezzo di trasporto guidino, i cinesi si comportano come se avessero sotto il sedere una bicicletta. Ossia non rispettano le indicazioni dei semafori (come giustamente ha detto un amico che vive a Shanghai i semafori sono più che altro un suggerimento!), si infilano in qualunque spazio libero anche se questo comporta un cambiamento di corsa a destra o a sinistra del veicolo che gli sta davanti, strombazzano a tutto spiano quando qualunque cosa abbiano davanti non si sposta e loro non riescono a zigzagare sulla strada, non cambiano marcia neppure con le cannonate, perché bici e motorini elettrici non lo richiedono e non capiscono perché dovrebbero farlo con le automobili!

Questi assurdi motorini elettrici, oltre ad essere attrezzati per qualunque condizione atmosferica (ad Hangzhou ci sono addirittura dei tendoni sulle corsie dei motorini vicino agli stop per permettergli di ripararsi dal sole e dalla pioggia), silenziosamente te li ritrovi in testa o tra le gambe in men che non si dica, anche quando cammini tranquillamente su un marciapiede o quando stai attraversando con il semaforo verde sulle strisce pedonali. E se non ti sposti ti suonano dei clacson assurdi, che tutto sembrano fuorché clacson.

L’impressione è che chi fa la segnaletica stradale lo sappia perfettamente e dove ha potuto abbia segnato tutto il possibile, anche cose che per noi potrebbero essere superflue, come ad esempio dove deve fermarsi all’incrocio la macchina che deve svoltare a sinistra per consentire a chi viene di fronte di passare. Certo, perché questi cinesi altrimenti si infilerebbero ovunque… Esattamente come fanno nelle code; certo parlare di code è eccessivo. I cinesi sono peggio degli italiani. Non sanno cosa voglia dire “coda”. Mai lasciare tra te e chi ti sta davanti in coda un centimetro quadro, perché almeno un paio di persone si infileranno nel mezzo, considerandolo la cosa più normale del mondo. Preparatevi dunque a fare a spintoni, senza sentirvi assolutamente maleducati.

In conclusione, non sarà un caso che un cittadino straniero in Cina non può prendere una macchina a noleggio né può ottenere la patente. Lo sanno anche loro che rimarrebbe ucciso dopo due giorni per aver rispettato le regole della strada!
Nonostante tutto, le biciclette sono usatissime in una città che conta 19 milioni di abitanti (170 milioni nell'area metropolitana!) come Shanghai e vengono utilizzate per trasportare l'intrasportabile: non avete un'idea di cosa riescano a caricarci sopra con sistemi di imballaggio assolutamente unici! Doveva esserci qualcosa di veramente straordinario nel loro expertise più antico; peccato che si stiano convertendo alla modernità!

Ma se vi rimane tempo per guardare le persone per strada (mentre scansate macchine e motorini!), lo spettacolo risulterà ancora più buffo! A parte gli ombrelli onnipresenti che servono per il sole e per la pioggia (e in un clima come quello che si ritrovano è assolutamente essenziale!) – ma in questo hanno ragione loro, l’ombrello contro il sole è una salvezza assoluta e fa un’enorme differenza -, moltissimi vanno in giro per strada con le magliette sollevate per lasciare la pancia scoperta (ovviamente uomini!), perché la cosa – pur orribile a vedersi – fa stare più freschi; non vi meravigliate se passeggiando per strada sentirete qualcuno che rumorosamente raccoglie tutto il catarro che ha in gola per poi prodursi in uno sputo da campionato del mondo: è assolutamente normale e non è considerato maleducato (ci dicono che le secrezioni del corpo devono essere espulse in ogni caso secondo loro e dunque è legittimo sputare in pubblico, e non oso immaginare cos’altro!).

Non pensiate inoltre che se incontrate qualcuno con un cellulare posizionato davanti alla bocca è qualcuno che non ha capito come si usa l’aggeggio; moltissimi cinesi parlano al telefono così, tenendo l’audio altissimo in modo da poter sentire la voce di chi gli parla, e - vi assicuro - non si tratta solo di persone anziane.
Non vi meravigliate se in un qualunque posto pubblico, un hotel, un ascensore, un negozio o qualsiasi altra cosa, nessuno vi saluta o vi accenna un sorriso. A meno che non sia un venditore debitamente istruito per questo, la cosa è assolutamente normale. I cinesi hanno facce prevalentemente inespressive da cui non trapela nulla, anzi di solito una certa ostilità. Solo i bambini riescono ad essere ancora realmente spontanei, prima di capire che invece forse è meglio adattarsi – per il loro stesso bene – al comportamento imperante. Del resto, non può che essere un portato socio-politico-culturale, perché non posso credere che un’intera popolazione possa essere fatta così e, del resto, quelli di loro che hanno avuto la possibilità di uscire dalla cappa in cui vivono mostrano di poter essere allegri, divertiti e affabili.

Per non parlare dei cinesi a tavola! Da loro – come saprete se avete frequentato ristoranti cinesi in Italia o in qualunque parte del mondo – non esiste realmente una distinzione tra antipasti, piatti principali e dolci. Tutto viene posizionato al centro della tavola su un piatto ruotante che consente a tutti di condividere tutto e di mescolare i sapori… Il che può essere anche carino!
Trovandoci a tavola con tutti cinesi, abbiamo anche capito che esistono delle regole di comportamento su cui probabilmente abbiamo fatto delle gaffes. Tipo, la persona più anziana a tavola comanda decidendo quando si può cominciare a bere, quando si può girare il centro tavola ruotante e così via; è sempre la stessa persona che controlla che a tavola ci sia sempre tutto e si preoccupa che gli ospiti siano sempre ben serviti. Fin qui tutto bene.

Salvo che poi i cinesi hanno un modo di mangiare che per noi è un po’ imbarazzante. Innanzitutto continuo a non capire perché – essendo state inventate forchetta e coltello (che pure sanno tranquillamente utilizzare) – continuino a mangiare con quelle cavolo di bacchette, che – diciamolo – sono divertenti, ma giusto per un po’… Mi spiegate come si fa a non mangiare con la testa nel piatto o sollevando il piatto verso la faccia con le bacchette? E come si fa a dividere un milk bun (una specie di pane cotto al vapore che è più elastico di un marshmallow) senza coltello? Il fatto è che loro non si fanno nessun problema a mangiare con la faccia nel piatto, a mettere in bocca bocconi che non riescono a gestire, a succhiare le zuppe e a risputare nel piatto qualunque cosa non debbano deglutire. Eh sì, perché il cibo non va assolutamente toccato con le mani, ma è consentito riconsegnare al piatto quello che non si può buttar giù!
Poi, dunque, la cucina cinese – quando è di livello elevato è buonissima ed anche molto digeribile. Abbiamo provato piatti del Sichuan, ravioli cinesi (che poi sono di migliaia di specie diverse) fatti a mano, verdure al vapore, riso, carni e quant’altro molto buoni. Ma, scusate, sarà che anche noi che mangiamo europeo poi avremo nell’alito e sulla pelle un odore di non so che (aglio? cipolla? olio?), ma quando mangi cinese da tre giorni mattina, pranzo e cena faccio fatica a descrivervi che odore si acquisisce… E poi dopo un po’ – sarà una sensazione – ma tutto sa della stessa cosa: salsa di soja? Spezie cinesi? O boh?

Scordatevi una colazione normale: i cinesi a colazione non bevono né caffè, né latte (il latte praticamente non lo usano proprio perché a loro modo di vedere immagino sia un escremento), né il the (sì, neppure il the, che bevono praticamente solo tra un pasto e l’altro). Prendono una zuppa glutinosa assurda, in cui intingono verdure. Il tutto accompagnato dagli stessi piatti che mangiano per pranzo e cena: carni, gamberetti, riso fritto, noodles saltati e così via… Per disperazione siamo finite un paio di volte da Starbucks e in un caffè italiano molto carino, dove finalmente abbiamo potuto azzannare un muffin e bere un caffè. In realtà, alla fine, negli alberghi hanno un po’ tutto anche per colazione, e devo dire che anche qualche piatto cinese appena svegli ci sta pure bene, ma non so se a vita ce la farei.

In ogni caso, vi consiglio – a meno che non andiate in ristoranti chic che di solito hanno le cucine a vista (con cuochi con guanti e mascherine) – di non guardare nelle cucine dei ristoranti cinesi neppure in patria. E di non chiedervi se quella verdura che vedete nelle ceste per strada o a sciacquare nei bidoni tra i vicoli maleodoranti della baraccopoli che si estende per diverse vie nel centro di Shanghai sarà quella che poi troverete nei piatti. Del resto si dice che i cinesi mangino praticamente tutto. Non mi sembra molto lontano dal vero. E il tutto riesce alla fine anche ad essere buono.

Per passare alla dimensione socio-economica, non vi aspettate una società industriosa, efficiente ed iper-tecnologica. I cinesi stanno probabilmente conquistando il mondo perché sono un numero esagerato e perché costano ancora pochissimo come manodopera. Ma certo non danno l’impressione di essere particolarmente svegli né organizzati. Di fronte a un qualunque minimo problema di solito si mobilitano in dieci, riuscendo normalmente a complicare le cose anziché risolverle.
E non sorprenderà sapere che praticamente non esiste alcuna forma di raccolta differenziata. Credo che sarebbe assolutamente impossibile convincere 2 miliardi di cinesi - del resto lo è anche con 50 milioni di italiani - a seguire delle regole, tanto più se queste regole riguardano la gestione dell'immondizia, o forse non c'è alcun interesse a farlo - visto che su altre cose ci si riesce perfettamente -, perché probabilmente è più conveniente e socialmente più utile avere un consistente numero di persone che va in giro per strada a recuperare dai bidoni e dai cestini tutte le bottiglie di plastica e a strapparle praticamente dalle mani delle persone per realizzare una vera raccolta differenziata ex post!

Complessivamente i cinesi non hanno sguardi particolarmente felici o svegli, ma questo è probabilmente dovuto al fatto che sono tenuti socialmente e politicamente in una condizione di acriticità che certo non li rende particolarmente attenti a cogliere quello che accade nel mondo circostante. Probabilmente, l’esperienza gli dice che è meglio essere tutto sommato distratti e non aver visto né sentito nulla. Ai soldi sì, sono attenti, e possono essere anche particolarmente fastidiosi quando ritengono di non stare ottenendo quello che gli è dovuto.

Capisco che si tratti di una società caratterizzata da enormi disuguaglianze sociali, in cui a una massa enorme di popolazione tenuta in una condizione di sopravvivenza (non gli si fa mancare sostanzialmente nulla, ma senza mai farli sollevare al di sopra di un soglia che arriva a malapena alla dignità) corrisponde un numero ridottissimo di persone ricchissime che governano le sorti di un’intera nazione. Nel mezzo questi occidentali mal tollerati che portano soldi, ma che certo vivono come nababbi al loro confronto, visto che con uno stipendio occidentale in Cina si vive ad un livello che in Europa sarebbe inimmaginabile.

La tecnologia, i grattacieli, le luci sfavillanti sono solo il biglietto da visita di un paese che dietro nasconde ingiustizie e disuguaglianze. Per di più, la Cina non è il Giappone, non è la Corea del Sud, non è nemmeno l’appena recuperata Hong Kong; lo scintillio tecnologico della modernità non è del tutto reale. È un’imitazione, come tutto del resto in questo paese, dove qualunque cosa gli metti davanti sono in grado di rifartelo uguale, ma un po’ più rottino, un po’meno bello, un po’ meno funzionante, ma sostanzialmente nel suo insieme una copia perfetta. A Shanghai credo ci sia il più grande mercato del falso del mondo, e direi che non è un caso.

Mentre ero lì più volte ho pensato che la Cina è un luogo paradossale. La popolazione ti ricorda certe forme di ingenuità dell’Italia degli anni ’50 (a dirla tutta, anche l’arredamento sembra un po’ risalire a quegli anni nella sua austerità e nel suo essere complessivamente un po’ kitsch); basti guardare il modo in cui si divertono, il modo in cui vestono, il tipo di spettacoli e di posti che gli piacciono, l’entusiasmo un po’ infantile che mostrano per quelli che ancora vedono come prodigi o per eventi che considerano eccezionali (vedi i cinesi all’Expo che mi hanno ricordato io e la mia famiglia alla Fiera del Levante 30 anni fa!), il loro complessivo atteggiamento un po’ naive (in una prossima puntata vi parlerò di uno spettacolo che siamo andate a vedere, The romance of the Song Dinasty, per farvi capire meglio). Dall’altro lato, però, sono un paese dotato di straordinarie risorse, in piena espansione economica e tecnologica, con selettivi processi di occidentalizzazione in corso e un futuro certo (anzi direi un presente) di potenza mondiale.

La cosa – devo ammetterlo – mi fa paura. Un popolo il cui passato è stato completamente raso al suolo, la cui memoria collettiva è stata cancellata, che marcia a passi spediti verso una ricchezza economica senza una corrispondente ricchezza nella capacità critica e culturale, mi fa venire le vertigini. Nel mondo occidentale, con le sue società frammentate, le sue divisioni intestine, il cinismo dilagante, la competizione più spinta, nel bene e nel male non credo che realmente si possa avere la capacità di far muovere le masse in maniera compatta, perché nessuno crede fino in fondo a niente. In Cina forse ancora sì. E questo è a dir poco inquietante.

Insomma, tra un Occidente in piena decadenza socio-economica e culturale e un Estremo Oriente proiettato verso un capitalismo sfrenato e senza basi socio-culturali e coscienza collettiva sinceramente non so bene che futuro immaginarmi e augurarmi.

Mi pare di aver sicuramente dimenticato qualcosa di fondamentale (per esempio, i ponti e gli edifici con le illuminazioni psichedeliche tipo quelle degli orribili oggetti cinesi che vogliono venderci in Italia quando siamo tranquilli a mangiare al ristorante; il tempio buddista come isola di pace; la città storica di Shanghai ricostruita come un parco a tema; i militari sempre intorno)! Ma – direi – per tutto il resto, andate in Cina. Niente sarà come l’esperienza diretta!

Per chi è arrivato fin qui, scusate l'inusitata lunghezza!

P.S. Ho visitato anche delle biblioteche (oltre ad aver partecipato a una conferenza dal tema City life and library services ad Hangzhou), ma di questo parlerò in una rivista professionale per non annoiare tutti gli altri.

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