venerdì 13 ottobre 2023

An explanation for everything = Una spiegazione per tutto

Altra anteprima di Venezia a Roma. Questa volta si tratta del film del regista ungherese Gábor Reisz che racconta il suo paese a partire da una vicenda tutto sommato piccola, ma capace - come un sasso nello stagno - di produrre cerchi concentrici via via più ampi.

Siamo a Budapest ai giorni nostri. Al centro Abel (il bravissimo Adonyi-Walsh Gáspár), un giovane che si sta preparando per l'esame di maturità, ma che vive un momento di crisi perché innamorato della compagna di classe e amica Janka (Lilla Kizlinger), la quale però gli confessa di essere innamorata del professore di storia, Jakab (András Rusznák). Quest'ultimo, di fronte alla confessione della ragazza, ha preso le distanze ricordandole di essere il suo professore e di avere moglie e figli. Il professore è noto per le sue idee liberali ed è fortemente frustrato per l'attuale condizione politica dell'Ungheria, tanto che in passato ha avuto un battibecco con il padre di Abel, György (István Znamenák), che è invece un elettore di Fidesz, il partito di Viktor Orbàn

La reazione a catena si innesca quando Abel si presenta all'esame di maturità facendo scena muta e - più o meno inconsapevolmente - con la coccarda tricolore (che gli ungheresi indossano il 15 marzo, giorno della festa nazionale, ma che negli ultimi anni al di fuori di quella data è diventata un segno distintivo dei nazionalisti). Il fatto che Jakab chieda il perché della coccarda e la successiva bocciatura di Abel (fatti di per sé non correlati) innescano - anche a causa del comportamento ambiguo di Abel - una serie di conseguenze che fanno dell'evento un caso nazionale, contrapponendo non solo le persone coinvolte, ma le parti opposte di un'intera società.

Il film di Gábor Reisz segue gli sviluppi della vicenda nell'arco temporale di una settimana circa, dal giorno prima dell'esame fino al momento in cui l'esame viene ripetuto. Nella prima parte vengono mostrati gli eventi della giornata di lunedì dai diversi punti di vista, quello di Abel, di György, di Janka e di Jakab, così rivediamo alcuni dei momenti topici della giornata assumendo il punto di vista di diversi personaggi. Questa modalità narrativa ci consente di entrare empaticamente nel mondo di ciascun di loro e di costruirci un quadro tridimensionale degli eventi e delle loro motivazioni, evitando il rischio - che è lo stesso che vivono i protagonisti del film - di dare una lettura aprioristica e puramente ideologica della situazione, e anche di prendere le parti di uno dei personaggi per vicinanza di idee.

Lo spettatore è in una posizione di vantaggio rispetto a ciascuno dei protagonisti e ciò gli impedisce di partecipare al gioco della polarizzazione, che ormai è una tendenza pervasiva della nostra società - amplificata dai media e dai social - e che ha fortemente informato di sé la politica, terreno di scontro continuo senza alcuna possibilità di confronto.

In realtà - sembra dirci Reisz - c'è una spiegazione per tutto se indaghiamo nelle motivazioni e nei sentimenti profondi delle persone e se non trasformiamo tutto in contrapposizione di matrice ideologica, soprattutto in un caso come questo in cui al centro c'è un ragazzo insicuro che proprio questa vicenda farà maturare e aprire alla vita adulta.

Nonostante le due ore e mezza di film non si vive un momento di stanchezza e il regista riesce persino a far crescere la tensione man mano che la narrazione va avanti. Ma - per quanto mi riguarda - ho trovato soprattutto mirabile il fatto che, in un film che "contrappone" un sostenitore di Orbàn e un professore progressista, Reisz sia riuscito a non farmi odiare nessuno e in qualche modo a farmi comprendere limiti e qualità di ognuno, pur essendo io idealmente più vicina a Jakab.

Fantastico esperimento sociale. E per me riuscito.

Voto: 4/5



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