giovedì 25 febbraio 2021

L’estate che sciolse ogni cosa / Tiffany McDaniel

L’estate che sciolse ogni cosa / Tiffany McDaniel; trad. di Lucia Olivieri. Roma: Edizioni di Atlantide, 2017.

Quello dell'estate in cui un ragazzino - spesso con un fratello più grande - si trova per la prima volta ad affrontare situazioni e vicende che lo traghettano più o meno dolorosamente alla vita adulta è uno dei topoi più presenti nella letteratura. E Tiffany McDaniel lo sa bene, tanto che mette in mano a una delle protagoniste del libro uno dei libri più rappresentativi del genere, Il buio oltre la siepe, quasi a creare una continuità ideale e a farsene erede.

Non so se si tratti di una mancanza di umiltà da parte della scrittrice, ma - dopo aver letto il libro - per quanto mi riguarda non ho dubbi ad affermare che L'estate che sciolse ogni cosa si candida a essere l'erede non solo del libro di Harper Lee ma anche di altri baluardi del genere, come il racconto Il corpo (stand by me) di Stephen King e La sottile linea scura di Joe Lansdale. Ho letto altri libri appartenenti a questo filone - penso a In fondo alla palude dello stesso Lansdale o a La natura della grazia di Krueger - ma devo dire che è la prima volta dopo molto tempo che colloco un nuovo libro nell'Olimpo del genere.

Il libro della McDaniel è ipnotizzante. Io l'ho letto praticamente tutto d'un fiato in due giorni e gran parte del merito credo vada alla scrittura accattivante della scrittrice e ad una narrazione incalzante in cui si sta sempre col fiato sospeso. Che poi forse è anche il maggior difetto del romanzo, una storia che non si fa mancare praticamente nulla, un concentrato di eventi per certi versi un filino eccessivo.

Siamo a Breathed (da qualche parte negli Stati Uniti) nel 1984 (un anno prima della nascita della McDaniel) e Fielding ha tredici anni, un padre avvocato, Autopsy Bliss, una madre che non esce di casa da 13 anni perché ha paura della pioggia, un fratello maggiore, Grand, che è una promessa del baseball e per il quale Fielding ha una vera e propria adorazione.

Pochi giorni dopo che Autopsy ha fatto pubblicare sul giornale locale un invito al diavolo affinché venga a rendersi conto di persona della situazione di Breathed, compare in paese un ragazzino nero dagli occhi verdissimi, sbucato apparentemente dal nulla, che dice di essere il diavolo in persona e si fa chiamare Sal; e insieme a lui arriva un caldo infernale che tiene sotto scacco la popolazione per tutta l'estate.

L'arrivo di questo ragazzino fa da catalizzatore di tutte le paure, i pregiudizi, il dolore, le incertezze, ma in fondo anche le speranze che attraversano gli abitanti del paese. Sal, dal canto suo, non fa nulla per smentire le credenze che cominciano a circolare e anzi in un certo senso contribuisce ad alimentare quell'atmosfera magica e un po' soprannaturale che aleggia intorno a lui.

La possibilità di una deresponsabilizzazione o comunque di uno spostamento su una figura esterna delle proprie responsabilità è la precondizione che ad alcuni consente di superare alcuni blocchi emotivi ormai cronicizzati, ad altri permette di sfogare frustrazioni e rabbia irrisolte. Si innesca così una reazione a catena destinata a cambiare il destino dei singoli ma anche quello di un'intera comunità.

Quella che va definitivamente in frantumi è l'infanzia di Fielding, protagonista di un coming of age che è una vera e propria discesa agli inferi senza possibilità di riscatto. È infatti lui stesso ormai anziano, emarginato e solo, a raccontare la storia di quella estate di oltre settant'anni prima in cui affondano le radici gli errori la cui punizione Fielding si è inflitto per tutta la vita.

La McDaniel, tirando in ballo il diavolo, avvolge la narrazione in un'atmosfera magica, a tratti surreale o gotica come ha detto qualcuno, ma di fatto parla di cose molto umane, ossia il complesso e mai risolto rapporto dell'uomo con il confine tra bene e male, la cui radice è nel vissuto individuale ma che da sempre l'umanità preferisce reificare ed esternalizzare nelle figure cardine che caratterizzano le varie forme di spiritualità e religiosità. La conclusione molto "umanistica" di questo racconto è che bene e male sono inestricabilmente avviluppati in ognuno di noi e che la giustizia umana è sempre fallibile (ma ne esiste forse un'altra?), però dalla nostra abbiamo l'empatia e la capacità di comprendere senza giudicare, che è l'unica vera capacità che dovremmo coltivare e che Fielding rimpiangerà tutta la vita.

Voto: 4/5

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