Pyongyang / Guy Delisle. Paris, L'Association, 2003.
Non sono una grande intenditrice di fumetti. Ammetto di aver letto prevalentemente le serie italiane, in particolare Martin Mystère e Ken Parker, e poco altro (Marjane Satrapi), ma da quando sono a Bruxelles circondata da librerie che vendono solo fumetti e frequento persone cui i fumetti piacciono parecchio (!), mi sto avvicinando in maniera più appassionata a questo mondo che da sempre - però - un po' mi affascina.
Guy Delisle non lo conoscevo affatto. Questo fumetto, Pyongyang, forse il suo più famoso, mi è stato regalato per il mio compleanno e mi ci sono buttata dentro a capofitto con l'entusiasmo tipico dei bambini. Sì, perché il fumetto fa un po' questo effetto, di riportarci a una dimensione comunicativa più infantile, ma allo stesso tempo più potente grazie alla capacità di trasmettere contenuti, emozioni, sensazioni non tanto attraverso le parole, bensì attraverso la forza del tratto disegnato. Al punto tale che, pur essendo il fumetto in francese (lingua che certo non si può dire io domini perfettamente), credo di aver capito praticamente tutto, o comunque non mi è sfuggito niente di quell'essenziale che l'autore voleva trasmettere.
E devo dire che in questo Delisle è assolutamente straordinario. Il suo tratto contiene di per sé un'ironia che mille parole non sarebbero in grado di eguagliare, quell'ironia che è tipica delle situazioni, delle espressioni del volto, dei gesti e dei movimenti del corpo. Nello stesso tempo, il racconto della sua esperienza autobiografica in Corea del Nord è dotato di una precisione e di un dettaglio descrittivo che ci permette di capire questa realtà forse meglio di un documentario.
Leggere Pyongyang e trascorrere insieme al protagonista queste strane giornate in una città e in un Paese costruito intorno al suo dittatore, Kim Il-Sung, e a suo figlio, Kim Jong-Li, ha qualcosa di estremamente divertente e, d'altro canto, del tutto inquietante. La città al buio la sera, i badge in segno di appartenenza al regime indossati dai cittadini, i musei interamente dedicati a Kim Il-Sung, il rapporto con gli stranieri, il controllo costante, l'assuefazione delle persone ai limiti del lavaggio del cervello. Un mondo, insomma, talmente lontano da risultare per molti versi comico, ma - se solo ci si sofferma un po' a riflettere - talmente ancora possibile e in qualche modo vicino da lasciarci inorriditi.
E nella varietà di espressioni del suo protagonista, ora basito, ora rassegnato, ora impressionato, ora disperato, leggiamo un mondo intero e ne cogliamo l'essenziale. Mi è subito e inevitabilmente tornata in mente Marjane Satrapi e il suo Persepolis.
E mi è quasi venuto da pensare quanto sarebbe utile anche da noi in Italia una riscoperta di questa arte, il fumetto, popolare e raffinata allo stesso tempo, capace forse ancora - e più della letteratura tradizionale - di comunicare idee e di far riflettere. E il tutto apparentemente senza sforzo. Che in questi tempi di pigrizia mentale collettiva è certamente uno straordinario valore aggiunto.
Ma chissà se questo basterebbe.
Voto: 4/5
P.S. Intanto ho comprato io altri due libri di Guy Delisle. Per tutto il resto si vedrà.
sabato 26 giugno 2010
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