venerdì 20 novembre 2015

The wolfpack

Sette fratelli: sei maschi, una femmina. Figli di una donna americana e di un uomo di origine peruviana. Vissuti e cresciuti per oltre 15 anni a New York in un appartamento del Lower East Side di Manhattan, senza praticamente alcun contatto con il mondo esterno. Costretti a guardare il mondo dalla finestra fisica della loro casa e dalla finestra virtuale e distorta del cinema, che entra abbondantemente in casa con i dvd che porta loro il padre. Cresciuti con l'idea che il mondo esterno sia un luogo pericoloso e gli altri siano solo causa di problemi e fonte di condizionamenti.

Un esperimento sociale di straordinaria efficacia.

Un perfetto soggetto per una sceneggiatura cinematografica.

Ma a volte la realtà supera l'immaginazione, perché questa è la storia vera dei fratelli Angulo, e The wolfpack è il documentario che Crystal Moselle ha realizzato su di loro utilizzando interviste realizzate negli ultimi anni e video amatoriali girati all'interno della famiglia da quando i bambini erano piccoli.

La storia della famiglia Angulo ha dell'incredibile e - a raccontarla - anche dell'inquietante. A partire dai nomi. I sei fratelli maschi su cui è incentrato il documentario (l'unica sorella - dicono gli altri - vive in un mondo tutto suo) si chiamano Mukunda, Baghava, Jagadisa, Krsna, Narayana e Govinda. Nel progetto di vita del padre (un padre padrone, fanatico e alcolizzato) - e di una madre totalmente succube - dovevano essere parte di una specie di nuova tribu destinata a una vita diversa dagli altri, più libera, priva di qualunque condizionamento sociale e religioso, in transito a New York in attesa di trasferirsi in Scandinavia per vivere secondo il loro ideale. Ma alla fine dall'appartamento di New York non si sono più mossi.

I fratelli Angulo sono dei sopravvissuti, salvati da quella straordinaria tensione della mente umana all'autodeterminazione, che spinge prima uno dei fratelli a uscire per strada da solo, senza il consenso del padre, e poi, a poco a poco, crea le condizioni affinché ciascuno di loro - con difficoltà enormi nel comprendere il mondo che li circonda e nell'adattarvisi, anche quando ne sono affascinati - si avventuri fuori dalle mura di casa alla ricerca di se stesso.

Questa storia incredibile che - così raccontata - potrebbe avere i tratti di un film drammatico e comunicare sentimenti di angoscia, in realtà riesce a trasmettere la straordinaria vitalità e capacità di sopravvivenza di questi fratelli che hanno trovato nel cinema non solo la loro valvola di sfogo ma anche il loro strumento di conoscenza e di rappresentazione della realtà. E così siamo catapultati in questo set cinematografico nel quale i fratelli trascrivono le battute dei loro film preferiti con la macchina da scrivere, preparano costumi di scena straordinari con materiali riciclati (strepitoso il costume da Batman!), mettono in scena negli angusti spazi della casa le loro scene preferite, e infine parlano di se stessi e del mondo utilizzando lo sguardo cinematografico come filtro. Infine, uno di loro - una volta ritrovata la propria parziale indipendenza - deciderà di girare - avendo come protagonisti tutti i componenti della sua famiglia - il film di un uomo che seduto alla finestra vede passare tutti i sentimenti, sentendoli ma senza poterli toccare.

Un meraviglioso viaggio di andata e ritorno, che parte dal cinema per arrivare alla vita, e che dalla vita torna al cinema.

Voto: 4/5

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