martedì 4 maggio 2021

Nomadland

Dopo circa 5 mesi di astinenza (per fortuna ero riuscita a fare scorpacciata al Festival del cinema di Roma) torno finalmente a vedere un film sul grande schermo, e questo film non poteva che essere il vincitore come miglior film (ma anche miglior regia e miglior attrice protagonista) agli Oscar 2021. A dire la verità, alla riapertura dei cinema non è che l'offerta fosse particolarmente ampia; del resto, arriviamo da un anno in cui non solo i cinema sono stati chiusi, ma anche molte produzioni si sono fermate.

E direi che per il momento intanto possiamo essere felici di tornare al cinema e godere di questa possibilità.

Nomadland è il film di Chloé Zhao (la regista cino-americana che aveva già attirato l'attenzione di pubblico e critica con il precedente film The rider - Il sogno di un cowboy), basato sul libro della giornalista Jessica Bruder, a suo volta nato da un articolo di inchiesta sulle tante persone che in America vivono in maniera non stanziale per necessità o per scelta.

La protagonista, Fern (Frances McDormand), è un personaggio di finzione (per quanto estremamente realistico) e fa da elemento di connessione tra le storie di tutti gli altri, Linda May, Swankie, Bob Wells, interpreti di sé stessi.

La donna, dopo che suo marito è morto e la città dove vivevano, Empire, è stata cancellata dalle mappe a causa della chiusura della miniera di gesso intorno alla quale era nata, posta di fronte alla necessità di spostarsi altrove e alla prospettiva di un sussidio, decide di allestire il suo van e di vivere nomade, facendo lavori stagionali in giro per l'America: ad Amazon durante il periodo natalizio, in un fast food, nella raccolta delle barbabietole e così via. Diventa presto amica di Linda May, una veterana della vita nomade, che la introduce anche agli appuntamenti annuali con Bob Wells, una specie di guru del nomadismo che si propone di creare una forma di comunità tra queste persone, nonostante i loro rapporti non siano continui e quotidiani.

Ne viene fuori il ritratto (anzi i tanti ritratti) di un'America alternativa, dentro la quale ci sono tante cose: le conseguenze della crisi economica e dell'aumento della disoccupazione, un sistema di welfare insufficiente, un meccanismo economico fortemente dipendente dai lavoratori stagionali in buona parte sottopagati, ma anche forme di solitudine più o meno desiderate e ricercate, l'esigenza di un contatto più stretto con la natura e di legami più laschi e meno vincolanti, le mille strade per affrontare i propri dolori.

Frances McDormand è superlativa: riesce a comunicarci cosa le passa per la testa anche senza parlare, con la distensione o il corrugarsi di una ruga sul viso, e su questo c'è poco da dire. È vero che in fondo fa un personaggio che le è familiare, la donna forte che si porta dentro un dolore grande e che fa fatica a esternare i suoi sentimenti, però non c'è dubbio che è in grado di declinarlo in maniere sempre più sfumate. Va però detto che non c'è soluzione di continuità con gli altri protagonisti, per gran parte attori non professionisti, nella capacità di rendere sinceri i sentimenti e le storie.

Indubbiamente la retorica è dietro l'angolo e tutte le volte che la telecamera si avvicina troppo ai volti oppure se ne allontana troppo per mostrare i grandi paesaggi americani e parte il commento musicale di Ludovico Einaudi il rischio diventa realtà e produce un effetto un po' stucchevole.

Ciò detto la fotografia è di grande livello - e la cosa non mi dispiace affatto -, e soprattutto dentro la confezione ci sono storie, condizioni e sentimenti importanti da raccontare, all'interno di una struttura narrativa circolare ben costruita.

Un'ultima considerazione: la cosa che mi ha colpito di più in questi giorni è che la mia bacheca Facebook - in cui da mesi nessuno parlava di film e sentiva il bisogno di fare esternazioni in merito - si è riempita di post di persone che sono andate a vedere Nomadland al cinema ed esprimevano il loro parere, suscitando ampio dibattito tra i loro amici nei commenti. Mi è sembrato un fatto molto interessante: tutti (io meno degli altri a dire la verità) durante la chiusura dei cinema abbiamo visto film e serie Tv a casa usando tutte le piattaforme possibili, probabilmente ne abbiamo visti molti di più della media, se si considera il fatto che siamo usciti molto meno la sera. Eppure di film se ne parlava poco, e nessuno sentiva il bisogno di condividere il proprio punto di vista. Perché? Sicuramente il fatto che andare al cinema non è un'azione puramente privata, ma sociale (che comporta una precisa ritualità) conta.

Poi sicuramente conta che la stagione cinematografica - a differenza delle piattaforme - non prevede un'offerta infinita, bensì la contemporaneità di un numero limitato di titoli, il che aumenta sensibilmente la probabilità che molte persone più o meno contemporaneamente vedano lo stesso film. Perché questo accada nel privato della visione sulle piattaforme è necessario che si superi una massa critica che renda l'esternazione del proprio punto di vista commentabile e sensata per un numero elevato di persone.

E dunque siamo tornati - almeno apparentemente - dove ci eravamo fermati un bel po' di tempo fa: bacheche in cui qualcuno dice che Nomadland è un film noioso e che gli Oscar sono sempre una fregatura e qualcuno che grida al capolavoro ad altissimo tasso emotivo. Sono polarizzazioni che normalmente mi produrrebbero l'orticaria (ma nel contesto social sono la normalità perché prevalgono le frasi ad effetto), però in questo caso - e solo in questo caso - ne sono persino contenta, perché vuol dire che nella nostra vita c'è ancora spazio per il cinema.

Il cinema è ancora vivo. Evviva il cinema.

(E scusate per la lunga recensione. Ma il ritorno al cinema mi ha preso un po' la mano)

Voto: 3,5/5


4 commenti:

  1. bentornata :) condivido il tuo giudizio: buon film ma molto ruffiano e non eccezionale... certo, quando si ha a disposizione un'attrice come la McDormand tutto diventa più bello. Quello che a me ha dato più fastidio di altro è la scelta (voluta) di glissare abilmente sull'aspetto sociale del film (si vedono tante persone che vivono sui camper, in viaggio, ma non tutte come Fern lo hanno fatto per loro scelta: e il film non si sofferma mai sulle cause). Il "santino" verso Amazon, poi, per me è irricevibile...

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    1. Bentornato Kris!! Che piacere! Hai ragione lo spottone per Amazon è proprio troppo!

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  2. Il cinema sarà sempre vivo! Il film non l'ho ancora visto, ma anche io sento un po' puzza di retorica da lontano. Fatto sta che lei è fantastica e che ha vinto l'Oscar, quindi sicuramente una chance gliela si dà a prescindere.

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