Al limite della notte / Michael Cunningham; trad. di Andrea Silvestri. Milano: Bompiani, 2010.
Avevo letteralmente adorato il Michael Cunningham di Carne e sangue, libro intenso, ma delicato, quello che mi ha fatto scoprire la passione per le saghe familiari.
Da quel momento ho continuato a cercare lo stesso spirito, lo stesso coinvolgimento emotivo, la stessa passione in tutti i libri di Cunningham, senza che mai si ripetesse veramente l'innamoramento di quella prima volta.
Ho letto quasi subito e apprezzato Le ore e Una casa alla fine del mondo, che mi richiamavano alla mente la sottile sensibilità e la forza emotiva che lo scrittore newyorkese sa imprimere alle sue pagine.
Nonostante il deciso cambio di direzione, ho voluto leggere anche Giorni memorabili, una vera e propria divagazione narrativa rispetto alla bibliografia di Cunningham. Non mi è piaciuto, ma ho aspettato il libro che riportasse l'autore ai temi e alla scrittura che gli sono più congeniali.
Così, quando ho visto in libreria Al limite della notte e ne ho letto la trama, mi sono detta: "Eccoci. Finalmente il libro che mi farà ritrovare Cunningham." Un protagonista quarantenne, che gestisce una galleria d'arte, sposato con una donna che sembra amare, con una figlia che vive per conto suo. Appassionato di arte e soprattutto della bellezza che l'arte rappresenta, i fragili equilibri della sua vita vengono mandati in frantumi dall'incontro con Erry, l'Errore, il fratello di sua moglie Rebecca, giovane, bello e maledetto.
Se ne innamorerà fatalmente, e finirà per mettere in discussione la sua intera vita.
Detto così, ci sono le premesse per qualcosa di interessante.
Ma, tra echi e citazioni de La morte a Venezia ed excursus di psicanalitiche riflessioni, il romanzo scorre liscio, senza mai riuscire a catturarmi.
Piuttosto mi vado confermando in un'impressione che già il romanzo precedente mi aveva trasmesso. Ossia che Cunningham sia uno di quei newyorkesi per i quali la ferita dell'11 settembre non si è mai rimarginata. E che questa ferita - comune e condivisa da un'intera città e da un'intera nazione - sia stata scavata ancora più in profondità da una crisi del tutto privata, ma anche quella in qualche modo universale, la crisi dei quarant'anni.
Avrei tanto voluto entrare in sintonia con questo stato d'animo, ma la sua rarefatta ricerca di una bellezza che non può che essere in contraddizione con la realtà quotidiana e con la vita non mi ha convinto.
I libri sono o non sono in sintonia con la propria vita, a seconda dei momenti in cui vi capitano. Come le persone, gli incontri, le situazioni. Per me questo non era il momento giusto.
Voto: 2/5
mercoledì 23 febbraio 2011
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