mercoledì 17 febbraio 2021

Ada brucia. Storia di un amore minuscolo / Anja Trevisan

Ada brucia. Storia di un amore minuscolo / Anja Trevisan. Firenze: effequ, 2020.

Impressiona parecchio che dietro la scrittura di questo romanzo ci sia una ragazza di 22 anni, la quale - con ogni evidenza - dimostra chiarezza d'intenti e coraggio nell'affrontare un tema delicato in modo decisamente non convenzionale e che può prestarsi a polemiche, in caso di lettura superficiale.

Protagonisti di questo romanzo sono infatti Rino, un ragazzo che ha imparato dal nonno il mestiere di orologiaio e sempre dal nonno ha ereditato la casa in mezzo agli alberi e lontano dal paese in cui vive, e Ada, che in realtà alla nascita si chiama Beatrice e che Rino rapisce dal passeggino all'età di 9 mesi durante un'affollata festa di paese.

Rino è ossessionato dalle bambine e quando vede per la prima volta la manina di Beatrice sbucare fuori dalla culla ne è conquistato e si convince che dietro quel gesto ci sia un destino che li unisce. Con il nome nuovo che Rino le ha dato, Ada vive nella casa tra gli alberi insieme a lui convinta di non poter uscire perché se poggiasse i piedi per terra al di fuori della casa brucerebbe e non ci sono scarpe della sua misura. Questo è quanto Rino - che lei chiama Bapu - le ha raccontato per tenerla di fatto segregata in casa in attesa che, una volta cresciuta, i due possano vivere il loro amore alla luce del sole. O almeno questo è quanto spera un po' ingenuamente Rino.

Accade però che quando Ada diventa adolescente, in uno dei lunghi pomeriggi che passa da sola, vede passeggiare nei boschi un ragazzo poco più grande di lei, Max. L'incontro tra i due ragazzi manderà in frantumi il progetto di Rino, ma anche il mondo ristretto ma tutto sommato ordinato di Ada.

Anja Trevisan dice più volte nelle interviste che le sue fonti di ispirazione sono state il film di Lanthimos Kynodontas e il capolavoro letterario di Nabokov, Lolita. In Ada brucia c'è infatti - come in Kynodontas - una privazione della libertà in nome di un amore possessivo e iperprotettivo, ma c'è anche la tenerezza e la poesia con cui il signor Humbert si innamora della giovanissima Lolita, diventandone praticamente dipendente, il tutto all'interno di un'atmosfera da favola nera che non punta tanto alla credibilità della narrazione quanto a quella dei sentimenti.

La Trevisan riesce nel delicato compito di farci sperimentare il punto di vista - certamente malato, ma non per questo meno sincero - di Rino, nonché di farci guardare all'interno di un rapporto controverso e fortemente contraddittorio con occhi il più possibile sgombri da qualunque giudizio morale.

Per due terzi del romanzo ritengo che la scommessa della Trevisan si possa dire riuscita, anche grazie a una lingua pulita e molto visiva; poi nell'ultima parte del romanzo, a distanza di anni da quando il castello di carta costruito da Rino è caduto, mi pare che la narrazione divenga più sfocata così come gli intenti dell'autrice. Rino e Ada, entrambi disadatti e disadattati rispetto alla vita fuori dalla casa nel bosco, non hanno uno spazio insieme nel mondo lì fuori e la loro favola rovesciata diventa una specie di condanna per l'esistenza di entrambi.

Tanto il racconto nella casa appare equilibrato e disteso, capace di evocare una quotidianità assurda ma incredibilmente normale e a tratti gioiosa, quanto invece le vicende relative all'età adulta appaiono meno naturali e forse fin troppo sbrigativamente manichee.

Ciò detto, Anja Trevisan è stata una sorpresa inaspettata.

Voto: 3,5/5

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