mercoledì 12 gennaio 2022

In giro per mostre. Roma, 26 dicembre 2021-6 gennaio 2022 (I parte)

Approfitto della mia inedita presenza a Roma nel periodo natalizio per recuperare un po' di mostre che erano da tempo nei miei programmi, ma non ero ancora riuscita ad andare a vedere.

Qui la seconda parte del racconto.  

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Prima, donna. Margaret Bourke-White. Museo di Roma in Trastevere

Inizio il mio tour dalla mostra che il Museo di Roma in Trastevere, con la cura di Alessandra Mauro, dedica a Margaret Bourke-White, fotografa americana nata a New York nel 1904 e morta nel 1971 dopo 20 anni di difficile convivenza con il morbo di Parkinson.

Il titolo della mostra mi è sembrato particolarmente significativo per il suo essere polisemico. La Bourke-White ha infatti, come fotografa donna, molti primati, e questi primati sono tutti (o comunque molti) ben illustrati dalle varie sezioni della mostra; però il titolo sembra anche suggerire il fatto che il suo essere donna preceda un po' tutto il resto. 

Ed effettivamente inoltrarsi nella mostra e seguire il suo pensiero e la sua attività sembrano confermare la grandezza umana di questa donna, su cui gettano luce alcuni citazioni tratte dai cartelli esplicativi delle varie sezioni. A me ha colpito questa: «I fotografi vivono tutto molto velocemente; l'esperienza ci insegna ad affinare la nostra abilità, ad afferrare al volo i tratti salienti, i punti forti di una situazione. Quel momento perfetto e denso di significato, così essenziale da catturare, spesso è il più effimero e le possibilità di approfondimento sono rare. Scrivere un libro è diventato il mio modo di digerire le esperienze che vivo. Questa casa, nascosta dal bosco che la circonda, è il posto migliore per scrivere e per rinfrancare lo spirito. La solitudine è un lusso prezioso quando si scrive un libro. [...] Nella mia vita non c'è mai stato molto spazio per il matrimonio. Se avessi avuto dei figli sarebbe stato diverso, avrei sicuramente preso da loro l'energia e l'ispirazione anche per il mio lavoro. Chissà, forse invece di andare in guerra avrei scritto libri per l'infanzia. Ma non credo esista una vita migliore delle altre, esistono solo vite diverse. Sono sempre stata contenta della scelta che ho fatto. Una donna che vive una vita vagabonda deve essere capace di affrontare la solitudine, deve avere una stabilità emotiva, una cosa molto più importante della stabilità economica. Se sai di poter contare su di te, la vita può essere molto ricca, anche se questo richiede una grande disciplina.»

Le undici sezioni della mostra, L’incanto delle acciaierie, Conca di polvere, LIFE, Sguardi sulla Russia, Sul fronte dimenticato: gli anni della guerra, Nei Campi (che racconta l’orrore al momento della liberazione del campo di concentramento di Buchenwald), L'India, Sud Africa, Voci del Sud bianco, In alto e a casa, La mia misteriosa malattia, sono altrettante occasioni per approfondire la conoscenza del suo lavoro e della sua vita.

Una chicca è il video dell'intervista originale che Edward R. Murrow le fece a distanza (lei stava nella sua casa) durante il suo programma See it now, passato alla storia per l'espressione Good night and good luck con cui salutava i telespettatori.

La cosa più sorprendente di questa intervista è che Margaret, che il giornalista chiama affettuosamente Maggie, sembra una qualunque casalinga americana degli anni Cinquanta, con il suo vestitino a fiori e la sua casetta ordinata. Però Maggie parla della sua incredibile vita di fotografa e delle situazioni straordinarie nelle quali si è trovata, tra cui precipitare in mare da un elicottero e andare alla deriva insieme all'equipaggio per poi essere salvati quasi per caso, ovvero partecipare ad azioni di guerra, o intervistare il Mahatma Gandhi la sera prima della sua morte.

E il modo in cui, durante la lunga malattia, si offre alla fotocamera di un suo amico e collega per raccontarsi anche in un momento di debolezza conferma la tenacia incredibile del suo carattere.

Voto: 4/5

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Calogero Cascio. Picture Stories, 1956-1971. Museo di Roma in Trastevere

Sempre al Museo di Roma in Trastevere, al secondo piano, visito un'altra bella mostra: un'antologica dell'opera fotografica di Calogero Cascio, fotografo nato a Sciacca nel 1927 e morto a Roma (la sua città di elezione) nel 2015.

Cascio si era trasferito a Roma per studiare medicina, ma già negli anni dell'Università si avvicinò al mondo dell'editoria e della fotografia e cominciò a collaborare con riviste quali "Il Mondo" e L'Espresso", fino a decidere di abbandonare completamente la strada della professione medica e abbracciare l'attività di fotografo.

In quest'attività pluridecennale Cascio ha documentato più e più volte l'Italia, e in particolare la sua nativa Sicilia, terra con la quale ha avuto un rapporto di amore-odio (che tra l'altro posso comprendere molto bene): «Sono qui a Palermo, in Sicilia, che non è Europa e non è Africa, è soltanto Sicilia [...] I siciliani, a dire il vero, sono un po' orgogliosi di questa lontananza e io, che sono siciliano, lo so bene. Ma lo so ora che sono qui, ora che sono ritornato in questa mia terra che vorrei solo amare un po' di meno e odiare molto di meno. Perché è strano, ma quando ne sono lontano ho un grande desiderio di rivederla, poi, quando l'ho rivista, vorrei scappare e non posso» (1963).

Ma Cascio ha anche raccontato per numerosi giornali e riviste italiane (e non solo) storie e realtà provenienti da tanti paesi del mondo, con uno sguardo profondamente umanista, attento dunque all'essere umano, sebbene non indifferente alle regole della composizione e alla bellezza formale e sostanziale, come tante sue foto dimostrano.

L'ho vista un po' di corsa, avendo dedicato molto tempo al piano terra, ma lo considero un primo contatto con questo artista.

Voto: 3,5/5

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Amazônia / Sebastião Salgado. MAXXI

A differenza della Bourke-White e di Cascio, Salgado lo conoscevo molto bene per aver visto il film di Wim Wenders su di lui e anche una precedente mostra romana risalente ormai al 2013. Quindi sapevo cosa aspettarmi.

L'allestimento del MAXXI è molto bello e scenografico: le foto si articolano in varie sezioni, che però si possono dire appartenenti a due grossi insiemi: le foto paesaggistiche che sono stampate in grande formato e sono prevalentemente appese al soffitto e le foto con soggetti umani (ritratti di uomini, donne e bambini dei vari gruppi e tribù che abitano la foresta dell'Amazzoni), queste ultime sistemate fuori e dentro delle strutture circolari ispirate ad alcune abitazioni tipiche del territorio.

Il tutto è immerso nel buio, cosicché le foto - che sono le uniche cose illuminate da appositi faretti - sembrano a prima vita quasi retroilluminate, mentre in sottofondo suonano musiche composte appositamente per la mostra.

L'effetto è piuttosto suggestivo e le foto di Salgado, sempre bellissime - forse quelle con soggetti umani persino più emozionanti di quelle con gli straordinari paesaggi naturali - sono come dei fari nel buio, con il loro bianco e nero molto contrastato ed estremamente luminoso.

Purtroppo c'è troppa gente (eppure ero prenotata per le 14 del 26 dicembre, non oso immaginare più tardi), e dunque non si riesce a godere adeguatamente e con serenità della mostra, e devo anche dire che l'effetto "wow" delle foto di Salgado alla fine tende a scemare, un po' per la ripetitività di alcuni contenuti, un po' perché è talmente tutto incredibile da non sorprenderci più.

Ovviamente sappiamo che l'obiettivo di Salgado - insieme alla moglie Lélia Wanick, con cui ha fondato l'Instituto Terra - è quello di contribuire al salvataggio di un ambiente naturale, quello della foresta amazzonica, fortemente minacciato dalla deforestazione e dal cambiamento climatico, che mettono a rischio non solo la sopravvivenza di quell'ambiente naturale, bensì anche quella dell'intero pianeta la cui salute dipende anche da quell'incredibile polmone che è l'Amazzonia, oltre a rendere sempre più difficile la vita delle popolazioni che qui vivono da millenni, alcune delle quali addirittura mai venute in contatto con altri esseri umani.

Quindi, già solo per questo, la mostra va vista.

Voto: 3,5/5

1 commento:

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