giovedì 3 maggio 2012
Piccole bugie tra amici
Appena il film è finito mi sono catapultata davanti a un computer per vedere di che anno è il regista del film, Guillame Canet. E - non avevo dubbi - è nato nel 1973, il mio stesso anno.
Sì, perché è evidente che Canet in Piccole bugie tra amici parla proprio della sua e della mia generazione. Certo lo fa dall'angolo visuale del suo universo culturale francese, ma l'estendibilità del ritratto non ne risente.
Eccoli i quarantenni di oggi.
Più o meno riusciti dal punto di vista professionale, più o meno sistemati sul piano personale.
Alcuni hanno famiglia e figli ma cercano vie di fuga dalle responsabilità oppure sono ossessivi e paranoici, altri inseguono fumosi modelli di vita alternativa (le tribù dell'Amazzonia e la filosofia new age), altri ancora rifiutano di crescere e di accettare quella quotidianità che sentono inevitabilmente pesante e noiosa.
Molti di loro sono confusi, hanno le idee poco chiare sulla propria identità e sul proprio futuro.
Eternamente adolescenti, vittime del perdurante mito del carpe diem (L'attimo fuggente deve proprio averci rovinato!!), del bisogno compulsivo di mordere la vita, di non lasciarsi sfuggire niente, di provare tutto, di divertirsi a tutti i costi. Idealisti e cinici allo stesso tempo. In attesa di qualcosa che neppure loro sanno cos'è.
Sempre sopra le righe, perfettamente a loro agio nelle deliranti dinamiche di gruppo, la cui geometria è tutta interna ed escludente rispetto a chi al gruppo non appartiene.
A quarant'anni si aggrappano agli amici di sempre, ai soliti giochi, agli scherzi da ragazzini, come se questo li mettesse al riparo dal peso della vita.
Comunque benestanti, attenti alla forma fisica, trendy. Ma quasi sempre intrinsecamente irrisolti.
Ripetono instancabilmente le stesse dinamiche nella più assoluta autoreferenzialità.
Ridono, piangono, si arrabbiano, litigano, ma in fondo lo fanno sempre in maniera piuttosto superficiale. Sentimenti ed emozioni oscillano tra le semplificazioni modello "bacio perugina" e un materialismo cinico e distruttivo.
Raramente la vita reale fa il suo ingresso nel mondo parallelo che si sono costruiti e quando lo fa con la morte dell'amico Ludo (Jean Dujardin) - che hanno lasciato in un letto d'ospedale dopo un incidente in motorino per fare la loro tradizionale vacanza a Cap Ferret - ancora una volta reagiscono in modo infantile e tutto si scioglie in un abbraccio attorno a quella specie di padre putativo che è Jean-Louis (Joel Dupuch).
Nessuno di questi personaggi riesce ad essere veramente antipatico: non Max (François Cluzet) e il suo nervoso approccio all'esistenza, non Marie (Marion Cotillard) che non ha ancora conciliato la sua natura bambina con la sua bellezza e la facilità di sedurre, non Eric (Gilles Lellouche) che non riesce a smettere di impersonare il cazzone di turno, non Antoine (Laurent Lafitte) che crede nell'amore romantico, non Vincent (Benoît Magimel) che si scopre innamorato di Max, non Veronique (Valérie Bonneton) e Isabelle (Pascale Arbillot) i cui bisogni insoddisfatti devono scendere a compromessi con i loro infantili mariti.
Ci fanno ridere, sorridere e commuovere questi amici che sono arrivati a quarant'anni senza neppure rendersene conto. Ma ci fanno anche pena perché non è facile vedere una via d'uscita a questa coazione a ripetere. A vent'anni sarebbero fighi e divertenti. A quaranta rischiano la compassione.
Non voglio dire che siano/siamo tutti così. Non c'è dubbio però che Guillame Canet conosce bene le idiosincrasie generazionali e le mette in scena con affetto, ma in fondo senza alcuna pietà.
Grande sceneggiatura (avrebbe avuto bisogno però di qualche sforbiciata in più), bellissima (anche se un po' scontata) la colonna sonora (anche quella molto generazionale).
A me è piaciuto.
Voto: 4/5
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Stavolta non sono tanto d'accordo (meno male, se no che monotonia) Io ho trovato tutto eccessivo, sopra le righe. Certo è comunque un film che, seppure lungo e abbastanza prevedibile, si vede senza annoiarsi, e risulta coinvolgente. Però mi ha dato la sensazione di essere costruito a tavolino. Concordo invece sulla valutazione della colonna sonora. Lucia
RispondiEliminaCanet è un perfezionista, una specie di enfant prodige un po' snob, quindi ci sta che si possa avere la sensazione che sia tutto costruito a tavolino. A me però i personaggi per quanto sopra le righe hanno ricordato molte situazioni che conosco... Tu sei troppo saggia, Lucia, per riconoscerti in questa generazione sconclusionata ;-)))
EliminaTroppo saggia o troppo vecchia? Non credere, anche da più maturi ci si può sentire adolescenti...
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