Ed eccomi qui ancora una volta di fronte ad Almodovar... Ci deve essere qualcosa nei film del regista spagnolo che mi spinge ad andare a vederli, nonostante il fatto che di pochissimi suoi film (in particolare Parla con lei e in parte Volver) io possa dire apertamente che mi sono piaciuti. Ed è forse proprio questa la forza del regista, la capacità di rapire lo spettatore al di là della sua vigilanza razionale, bussando alla porta del reame dell'inconscio.
È esattamente ciò che mi è capitato di fronte a quest'ultimo film Gli abbracci spezzati.
Razionalmente non mi è piaciuto; l'ho trovato - come spesso i film di Almodovar - rigido nella narrazione e, al contempo, inutilmente appesantito da parentesi narrative poco funzionali, surreale, ma non abbastanza da togliere la sensazione di un realismo incompiuto, grondante di una drammaticità priva di emozione...
Insomma, un film che non risponde a quello che di solito io cerco nel cinema.
Eppure, ne sono stata in qualche maniera catturata.
Certamente dai colori, firma inconfondibile del regista, il rosso sopra tutti; dai dettagli delle scene, le fantasie fiorate dei tendaggi, i crocifissi colorati alle pareti, gli arredi kitsch; dal simbolismo delle immagini; dal citazionismo e dall'autocitazionismo spinto; dal gusto della meta-narrazione; dalla musa Penelope (Cruz) che si lascia plasmare dalle mani del regista visibile e di quello invisibile.
E alla fine forse ho capito cosa mi cattura di Almodovar e cosa inconsciamente ho finito per amare di questo film: l'amore per il cinema che trasuda da ogni dettaglio.
Quella telecamera che è la vera protagonista della storia, intorno alla quale tutti i personaggi si muovono, è il deus ex machina capace di infondere vita (di celluloide, e quindi non propriamente vera) nelle persone e nei paesaggi spagnoli (quelli che Pedro ama almeno quanto le persone, come in questo caso l'isola di Lanzarote).
Nel gioco di scatole cinesi che il regista ci propone (e in cui vediamo una storia che ci racconta un'altra storia per immagini e che a sua volta ne contiene un'altra), ci rendiamo conto che anche ciascuno di noi in fondo recita la propria vita su quell'enorme set cinematografico - solo apparentemente più realistico - che è il mondo nel quale viviamo, e che il confine tra realtà e finzione è molto più labile di quello che pensiamo.
Voto: 3/5
mercoledì 9 dicembre 2009
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