venerdì 16 febbraio 2018

Sono tornato

Il film di Luca Miniero è il remake italiano del film tedesco Lui è tornato. L'idea di fondo è la stessa: cosa accadrebbe se Mussolini (nel caso del film italiano) o Hitler (nel caso del film tedesco) ripiombassero improvvisamente nell'Italia e nella Germania di oggi?

Nelle vesti di Benito Mussolini il bravissimo Massimo Popolizio, che rende perfettamente l'idea dell'iniziale spaesamento del duce e del suo progressivo adattamento alla nuova contemporaneità per poterne sfruttare al massimo grado le caratteristiche.

La storia è presto detta: per uno strano sortilegio, Mussolini - con le gambe ancora legate - viene catapultato a piazza Vittorio ai giorni nostri, non lontano dal posto dove bambini di ogni etnia giocano a calcio (ma parlano tutti romano!). Mentre Mussolini cerca di capire dove si trova e cosa è successo, si accorge di lui Andrea Canaletti (Frank Matano), un giovane documentarista che vede - in quello che lui pensa essere uno straordinario attore - l'opportunità di fare carriera, prima con un documentario in giro per l'Italia poi con una trasmissione sul canale televisivo per il quale lavora. Solo quando la notorietà di Mussolini sarà alle stelle, notorietà peraltro ampiamente sfruttata dai media, Canaletti si renderà conto che non si tratta di un attore e che il pericolo che la storia si ripeta è reale.

Oltre alla storia di finzione, il film è arricchito da interviste e inserti realmente documentaristici che il regista ha effettuato durante le riprese allo scopo di cogliere le reazioni e il pensiero della gente comune rispetto a un ritorno di Mussolini, e su temi in qualche modo a questo collegati, come ad esempio l'immigrazione, la politica, la crisi.

È ovvio che un film non è una ricerca sociologica e che le interviste e le immagini proposte da Miniero non hanno alcuna rappresentatività statistica, però l'esito resta abbastanza inquietante. Il qualunquismo, l'antipolitica, il razzismo diffuso, l'individualismo, l'esibizionismo, l'arrivismo, la totale assenza di una memoria storica e di una visione realistica del mondo sono le caratteristiche del popolo italico che emergono da questo film e che - per converso e quasi paradossalmente - fanno sembrare Mussolini un grande stratega e le sue parole delle perle di saggezza.

In questo senso capisco il fastidio e le critiche espresse da Christian Raimo rispetto a un film che - nel tentativo di ricordare agli italiani che non abbiamo acquisito alcun anticorpo contro vecchie e nuove forme di fascismo e che il degrado politico in Italia è lo specchio di un degrado sociale e culturale - parla del fascismo in modo ambiguo, mettendone in evidenza la componente paternalistica ma non il senso profondamente pericoloso del progetto politico.

Il film strappa molte risate, ma dentro di me a ogni risata sentivo crescere la sensazione che non ci fosse davvero niente da ridere. Miniero e Guaglianone (i due sceneggiatori) sembrano volerci dire che il problema non è Mussolini, bensì sono gli italiani stessi. E, se così è, allora davvero non c'è alcuna speranza.

Voto: 3/5

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