lunedì 30 marzo 2009

Two lovers

Joaquin Phoenix in quella che, a suo dire, è la sua ultima prova da attore prima di dedicarsi esclusivamente alla musica.
L'attore americano, in Two lovers, mette la sua dirompente fisicità di nuovo (dopo il film dell'anno scorso I padroni della notte) al servizio di un regista poco conosciuto, il quarantenne newyorkese James Gray, che si sta ritagliando uno spazio di rispetto nel cinema americano indipendente.
Ambientato nel sobborgo newyorkese di Brighton Beach (con brevi incursioni a Manhattan), il film racconta la storia di Leonard, un ragazzo che, dopo essere stato lasciato dalla donna con la quale stava per sposarsi, è tornato a vivere con i suoi genitori psicologicamente distrutto.
Tra un malriuscito tentativo di suicidio e la grigia quotidianità del lavoro presso la lavanderia del padre, conosce due donne, la bruna Sandra (Vinessa Shaw), figlia di partner in affari di suo padre, e la bionda Michelle (Gwyneth Paltrow), sentimentalmente confusa da una storia con un uomo sposato.
E il tema del film è proprio questo, la confusione dei sentimenti e l'incapacità di farci i conti.
Leonard, benissimo interpretato da Phoenix, è un personaggio tragico e triste al contempo, stretto tra l'affetto un po' soffocante dei genitori, il ricordo di un dolore insanabile, il desiderio di amare ed essere amato e la necessità di sentirsi vivo.
Leonard è sinceramente amato da Sandra, che per lui rappresenta la via semplice che non richiede scelte radicali e di rottura, ma in realtà ama Michelle, instabile, problematica, dipendente, incapace di amarlo davvero.
Anche l'ambientazione del film, che si muove tra la squallida e un po' triste umanità di Brooklyn, e il trionfo di luci e vitalità di Manhattan, trasmette l'idea di uno sdoppiamento che non trova soluzione.
È quella giostra dei sentimenti in cui ci inseguiamo senza trovarci mai, in cui forse inseguiamo una inevitabile e autocompiaciuta solitudine.
Ci incontriamo e ci cerchiamo probabilmente per cercare solo noi stessi in una rincorsa infinita destinata a rimanere inappagata e a reiterare una frustrazione del desiderio, interrotta solo da brevi momenti di presunta felicità.
Scegliamo alla fine spesso la strada meno faticosa o più a portata di mano, ma che ci corrisponde di meno, perché non abbiamo forza a sufficienza per trovare quella terza via che sta in mezzo tra l'infinita ricerca e la triste rinuncia.
Sarà perché solo l'altro ieri avevo visto Ponyo, ma fatalmente ne ho riconosciuto una "assurda" forma di continuità. Esiste una possibilità di composizione tra il nostro io infantile e ingenuo e quello adulto e razionale, che ci permetta realmente di entrare in contatto con noi stessi? O siamo destinati come genere umano a una continua altalena di sentimenti, ad un'oscillazione schizofrenica tra dominanti opposte e inconciliabili?
Io dentro di me so esattamente quale vorrei fosse la risposta. Ma preferisco non esplicitarla per non toglierle forza.
Voto: 3,5/5

1 commento:

  1. Ho finalmente visto questo film (fortunatamente in lingua originale) e condivido pienamente quello che dici. A me è piaciuto molto perché mette in scena tante questioni diverse senza tuttavia scivolare in una retorica che, visti i temi trattati, sarebbe stata fin troppo facile mettere in atto. Mi ha colpito molto il gioco delle relazioni, in cui il disturbo mentale di Leonard (così evidente per il pubblico) pare non essere colto dagli altri personaggi e in particolare dalle due ragazze, e gli unici cenni che se ne fanno (da parte dei genitori e del padre di Sandra) tendono a minimizzare e a semplificare il problema riconducendolo ad un ambito domestico o meglio addomesticabile. D'altro canto l'instabilità del protagonista è, per le due ragazze, come uno spazio bianco in cui proiettare aspettative e bisogni, tanto che Leonard funziona come individuo sociale soltanto quando si lascia muovere da mani altrui. In questa chiave si apre così il conflitto tra convenienza e passione, che il film risolve con il primato della convenienza lasciandoci un magone abbastanza pesante. In qualche modo mi ha ricordato Match Point di Woody Allen, ma non so se sia solo per l'emozione che prende ogni volta che sento Una furtiva lacrima...

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