mercoledì 12 giugno 2019

Fuerteventura e Lanzarote: isole di deserti e di lava (Seconda parte)

Il mulino del Jardin de Cactus, Lanzarote
Per la prima parte del racconto di viaggio, dedicata in particolare a Fuerteventura, si veda qui.

LANZAROTE

Al Jardin de Cactus, Lanzarote
Il primo giorno a Lanzarote facciamo subito la conoscenza con César Manrique, l'architetto locale che ha lasciato un'impronta significativa sull'isola e ha contribuito più di chiunque altro a preservarla dallo snaturamento e dallo sfruttamento (anche se negli ultimi anni qualche tradimento del suo spirito originario è stato indubbiamente perpetrato). Oltre a dettare - anche grazie al supporto politico locale - alcune regole di urbanizzazione molto precise e rispettose del contesto e dell'ambiente, Manrique ha svolto un'azione di monumentalizzazione e valorizzazione di tutti i punti più belli dell'isola, preservandoli in qualche modo da operazioni puramente commerciali.

Per le strade di Teguise, Lanzarote
 Il primo dei luoghi di Manrique che visitiamo è il Jardin de cactus, in origine una cava che poi la mano di Manrique ha trasformato nella casa di migliaia di specie di cactus provenienti da tutto il mondo, guardati dall'alto da un bel mulino tradizionale.

Avremo modo di approfondire la conoscenza di Manrique molto presto, grazie alla visita a una piccola mostra fotografica su di lui che è in corso a Teguise, l'antico capoluogo dell'isola con il suo affascinante centro storico con le casette bianche e le porte verdi. Ci arriviamo passando per la LZ10, una strada panoramica che regala bellissimi scorci che permettono allo sguardo di farsi largo attraverso le montagne vulcaniche lungo le valli fino al mare.

Le case di Lanzarote
A. ci abbandona perché la sua vacanza è finita, ma io e S. proseguiamo nella nostra esplorazione dell'isola andando a visitare la casa-museo del campesino, dedicato alle attività contadine dell'isola, dove c'è un piccolo mercato e delle botteghe di artigiani. Cominciando a girare per l'isola ci accorgiamo che - nonostante i saliscendi e il vento che non dà tregua nemmeno in piano - qui ci sono tantissimi ciclisti coraggiosi e allenati che la attraversano in lungo e in largo.

Proseguiamo intanto nella scoperta dei luoghi di Manrique andando alla Fundación César Manrique, la cosiddetta casa del vulcano in quanto si tratta di una casa costruita dall'architetto su una colata lavica le cui stanze seminterrate occupano le cosiddette bolle laviche, collegate tra loro da cunicoli realizzati scavando nella roccia lavica. Purtroppo non facciamo in tempo a vedere tutto il video su Manrique alla conclusione della visita (perché la Fondazione sta chiudendo: qui bisogna stare molto attenti agli orari!), ma ci basta a comprendere la forza, l'ottimismo e la visionarietà di questo artista che tanto ha fatto per l'isola e a cui l'isola tanto deve.
La vista dalla LZ10, Lanzarote

I "canyon" di Lanzarote

La nostra giornata si chiude - dopo una sosta lungo la strada verso Nazaret per fotografare delle strane formazioni di roccia modellate dal vento che fanno un po' pensare a un piccolo canyon - con una breve visita (solo dall'esterno) a LagOmar, un edificio realizzato dall'allievo di Manrique, Jesus Soto, che si inserisce perfettamente sul versante della montagna vulcanica e si chiama così per una buffa storia/leggenda legata all'acquisto della casa da parte di Omar Sharif.

Per cena decidiamo di sperimentare un "teleclub", un tipo di bar/trattoria/luogo di ritrovo parecchio diffuso a Lanzarote, di cui ci avevano già parlato dei signori in aereo dicendoci di cercarli perché in questi posti si mangia bene spendendo poco. Noi andiamo a quello di Tao, dove c'è da una parte un gruppo di vecchietti che gioca a carte e gli unici altri avventori oltre a noi sono quattro locali che arrivano quando noi stiamo già finendo la cena. Ottimi il coniglio al forno e le patelle alla plancha, mentre la mousse di gofìo (la farina mista che si produce sull'isola) è buona, ma se ne può mangiare solo una piccolissima quantità.

Il lago verde, Lanzarote
Il giorno dopo ci aspetta il tour organizzato al parco del Timanfaya che abbiamo prenotato dall'Italia e che è il modo più sicuro per riuscire a entrare nella parte del parco accessibile solo ai mezzi autorizzati, senza dover fare lunghissime file. Diciamo che il tour organizzato è una situazione a noi poco affine, però ci consente di fare un vero e proprio studio sociologico sulla platea di persone che è con noi in autobus, come ad esempio la signora inglese che - mentre attraversiamo lo spettacolo straordinario del Timanfaya - legge una rivista che sembra tipo Cronaca Vera, oppure la mamma single con bimba di 4 anni vestite entrambe in maniera improbabile per un tour in un parco vulcanico.

El Golfo, Lanzarote
La prima tappa del tour è El Golfo, dove c'è una caldera aperta sul mare risalente a 900.000 anni fa che ha creato una spiaggia nera e una piccola laguna verde (a causa delle alghe di superficie). Ci fermiamo poi a Los Hervideros, la costa più recente di Lanzarote creatasi dopo l'ultima lunga fase eruttiva e vulcanica risalente alle metà del Settecento, quando sono nati 27 vulcani nel giro di sei anni. Si tratta di una costa lavica in cui oltre a scogliere sul mare ci sono cunicoli vari e aperture tra le rocce da dove si vede e si sente l'oceano in tutta la sua forza.

I cammelli all'ingresso del parco del Timanfaya, Lanzarote
Dopo una breve sosta alle saline de Janubio, cominciamo a muoverci verso il parco di Timanfaya. Alle soglie del parco c'è la possibilità di un piccolo giro in cammello che noi non facciamo, poi una volta arrivati al Islote de Hilario, un'altra creazione di Manrique, entriamo nella parte del parco dove si gira solo con gli autobus autorizzati e non è possibile scendere.

Il parco del Timanfaya, Lanzarote
Qui davvero sembra di stare su Marte: terra nera, rossa, verde, caldere di vulcani, zone che sembrano deserti, licheni, assenza di animali e di vita (salvo gli insetti che pare escano solo la notte per mangiare quanto portato dal vento).

La zona de La Geria, Lanzarote
Un'emozione difficile da spiegare a parole. L'ultima parte del tour organizzato prevede la visita a un'azienda vinicola nella zona de La Geria, dove ci sono le distese di vigneti realizzati scavando nella terra vulcanica e protetti da muretti a secco realizzati sempre con pietra lavica. Il ritorno attraverso Puerto del Carmen e Costa Teguise, paesi turisticissimi con i grandi resort, ci convince che non ci faremo nemmeno un salto. La sera infatti andiamo a cena a Playa Quemada, un paesino di poche case su una bella baia dove ci sono due ristorantini direttamente sulla spiaggia.

Il terzo giorno a Lanzarote esploriamo la zona nord dell'isola: prima il Jameos del Agua, una grotta naturale nella lava dove Manrique ha creato dei terrazzamenti per le piante, un bar, una piscina con giardino e un auditorium; poi la Cueva de los Verdes, una serie di grotte e cunicoli sotterranei dentro il vulcano che ci conduce a una grande grotta finale dove ci aspetta una sorpresa molto bella che non è il caso di rivelare.

Jameos del Agua, Lanzarote
Attraverso il territorio lavico del Malpais della Corona (ossia il terreno coperto dalla lava del vulcano Corona) e dopo una sosta con bagno al Caleton Blanco , una zona di "piscine naturali" dove i contrasti tra i colori della sabbia, delle rocce vulcaniche, dei cespugli bassi e dell'oceano sono quasi abbaglianti, arriviamo a Orzola. Qui facciamo un ottimo pranzo al ristorante La maresia, dove al termine del pasto prendiamo il tipico digestivo giallo dell'isola e il cortado condensada, un caffè su uno strato di latte condensato (buono e golosissimo), per noi decisamente più interessante del leche y leche (un caffè alternato a strati di latte condensato e latte normale).

Caleton Blanco e Orzola, Lanzarote
L'ultima tappa turistica della giornata è il Mirador del Rio, un'altra delle opere di monumentalizzazione di Manrique. Prima però di entrare facciamo una lunga passeggiata a piedi lungo la LZ202, la strada che parte a sinistra dell'ingresso al Mirador e che ci regala vedute emozionanti sull'isola della Graciosa e sulle alte scogliere che caratterizzano questa costa di Lanzarote. Questa strada di fatto potrebbe sostituire la visita al Mirador, ma noi ci andiamo lo stesso perché le architetture di Manrique sono sempre belle e meritano sempre di essere viste e apprezzate.

Nel nostro ultimo giorno a Lanzarote, andiamo prima al mercato artigianale di Haria (una specie di premio di consolazione per non essere riuscite a vedere quello di Teguise, che si tiene la domenica, giorno per noi di arrivo e poi di ripartenza), e poi a fare un'escursione al vulcano El Cuervo, ai margini del Parco del Timanfaya. Si tratta di una passeggiata in piano che ci permette di vivere e di goderci dall'interno il paesaggio del Timanfaya e che ci porta nell'enorme caldera del vulcano, in cui si entra agevolmente dal lato aperto. Passeggiata consigliatissima.

La Graciosa dal Mirador del Rio, Lanzarote

Il sentiero verso El Cuervo, Lanzarote
Nella seconda parte della giornata andiamo a Balcon de Femes, un altro punto panoramico, dove prendiamo un cortado avendo da un lato una abbagliante chiesetta bianca e dall'altro una vista su tutta la punta sud dell'isola fino addirittura a Fuerteventura (grazie cielo improvvisamente azzurro!!!).

La tappa più avventurosa e incredibile della giornata è quella a Los Charcones, le piscine naturali che avevo letto essere il segreto meglio custodito dell'isola. Nell'arrivarci capiamo anche perché: dopo aver percorso una strada in teoria chiusa per dei lavori e uno sterrato orrendo lungo chilometri in mezzo al niente (il tutto seguendo il navigatore), arriviamo a una specie di rudere di un resort, un mostro di cemento parecchio inquietante dove non c'è anima viva (e per fortuna!). Improvvisamente dagli scogli arrivano due ragazze e una signora, cosicché troviamo il coraggio di avventurarci sulla costa fino alle piscine naturali, bellissime ma piene di ricci e con il mare che ulula subito dietro.

Il resort abbandonato a Los Charcones, Lanzarote
Rinunciamo dunque al bagno, tanto sappiamo che la giornata finirà sulle spiagge del sud, quelle che si trovano nel Monumento natural de los ajaches. Ci affacciamo prima alla famigerata Playa de Papagayo, veramente molto bella a livello scenografico, ma c'è parecchia gente e persino i racchettoni, cosicché decidiamo di spostarci a Puerto Muelas, dove facciamo l'ultimo, freddissimo ma bellissimo, bagno nell'oceano. Per l'ultima cena a Lanzarote andiamo al Teleclub di Nazaret dove ci spingiamo a ordinare la capra stufata (ottima!), mentre gustiamo gli onnipresenti mojo rosso e verde.

La vista dal Balcon de Femen, Lanzarote
Il giorno dopo si riparte, proprio ora che ci eravamo abituate a non buttare la carta igienica nel water, ma nel cestino, cosa obbligatoria in tutta l'isola perché probabilmente le fognature non sono in grado di gestire la carta!

Saliamo in aereo consapevoli di aver avuto il privilegio di entrare in contatto con un mondo variegato e affascinante, al punto che ci è venuta voglia di visitare anche le altre isole dell'arcipelago, in particolare le più piccole, El Hierro e la Gomera, ma anche la turistica Tenerife, dove pure - siamo sicure - troveremmo degli angoli di pace e di bellezza intatta.

A questo link una selezione di foto pubblicata su Behance.

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